I lavoratori del settore dei trasporti, ad esempio sui treni, sono spesso vittima di aggressioni sia fisiche, sia verbali, a volte anche gravi. Lo studio “STW – Security of Transport Workers” finanziata da Inail e realizzato da Università Campus Bio-Medico Roma e da Università Cattolica Milano ne ha esaminato cause, modalità e tipologie. I dati illustrati a Roma presso la sede del CNEL.
Il settore dei trasporti è un contesto lavorativo sempre più a rischio di episodi di violenza, in quanto le attività lavorative quotidiane comprendono l’interazione diretta con l’utenza e con una serie di attività potenzialmente a rischio.
Sono stati presentati nella Sala del Parlamento del CNEL i risultati della ricerca “STW – Security of Transport Workers” finanziata da Inail e realizzata da Università Campus Bio-Medico Roma e da Università Cattolica Milano.
A livello internazionale, la European Working Conditions Survey del 2015, riporta che l’8% del personale impiegato nel settore ha subito aggressioni da parte di terzi nel corso dello svolgimento delle proprie attività lavorative, circa il 3% in più degli episodi di violenza registrati in media negli altri settori occupazionali.
In Italia nel 2022 nel solo settore ferroviaria la Polizia ha raccolto 355 denunce relative ad aggressioni fisiche ai danni dei lavoratori, in pratica 1 al giorno ovvero 1 ogni circa 10.000 treni che hanno circolato sulla rete ferroviaria. Sebbene i dati della Polizia Ferroviaria evidenzino un tasso di identificazione di coloro che commettano tali aggressioni sia superiore all’80%, persiste una percezione di impunità legata anche alle attuali norme sia per quel che concerne la prescrizione che per le modifiche intervenute con la riforma Cartabia che ha ricondotto la fattispecie delle lesioni lievi (ovvero guaribili fino a 40 giorni) alla querela di parte.
Il numero delle aggressioni fisiche è, però, poco rappresentativo del fenomeno e solo in parte coincide con la percezione da parte dei lavoratori che, come si evince dai questionari raccolti durante il progetto, per il 77% del campione (che comprende sia personale operante nell’ambito ferroviario che del trasporto pubblico cittadino) è stato oggetto o testimone diretto di episodi di violenza nel corso degli ultimi 5 anni di lavoro. Episodi occorsi nell’88% dei casi all’interno di un mezzo in movimento, sia esso treno o autobus, e solo nel 12% dei casi in stazioni o banchine e nel 30% dei casi nella fascia oraria fra le 16:00 e le 20:00.
Violenze che vedono nel 66% dei casi come vittima una lavoratrice e quasi sempre la violenza è commessa da un uomo (nel 67% dei casi), ovvero da una coppia (26% dei casi) e solo nel 6% dei casi da una donna. Gli aggressori hanno in genere una età compresa fra i 19 e 30 anni (33% dei casi) e la nazionalità è nel 26% dei casi italiana e nel 20% straniera.
Il 66% del campione ritiene che dopo il Covid sono aumentati gli eventi di violenza, dato confermato anche dagli esperti del settore, che evidenziano come dopo il lockdown sia aumentata il livello di rabbia soprattutto nelle fasce più giovani, riverberandosi in una serie di azioni violente incluse quelle ai danni dei lavoratori.
Tutti aspetti che impattano in maniera diretta sulla qualità del lavoro e amplificano le condizioni di stress di lavoro correlato.
La discrepanza fra dati oggettivi delle forze dell’ordine e la percezione della sicurezza da parte dei lavoratori scaturisce sia dal fatto che oltre alle aggressioni fisiche occorre considera anche le ingiurie, le minacce, gli insulti verbali che non sono in genere oggetto di denuncia.
Ma soprattutto dalla difficoltà della raccolta e classificazione degli episodi di violenza. Non esistono in Italia banche dati sufficienti per estrapolare statistiche complete ed esaustive che descrivono il fenomeno.
La ricerca presentata ha voluto, pertanto, esplorare il fenomeno per verificarne le caratteristiche, le ricadute sul personale e sul lavoro e proporre alcuni orientamenti.
Sono state illustrate ed analizzate 19 diverse soluzioni che spaziano dalle modifiche dei luoghi di lavoro, come ad esempio l’introduzione di barriere di separazione, l’introduzione di procedure per un più rapido dialogo nel momento in cui si verifichi un episodio di violenza, fino alla necessità di una migliore formazione dei lavoratori soprattutto per quel che riguarda le tecniche di defusion considerate da tutti i relatori come uno degli aspetti fondamentali.
È emerso però che una efficace strategia deve esser sviluppata con una visione sistemica, che tenga conto del contesto e che includa interventi sia tecnologi, che organizzati che di formazione del personale.
Elemento questo che richiede, come già fatto per il settore sanitario, la capacità di raccogliere le informazioni per una conoscenza sistemica del fenomeno, partendo da una raccolta capillare degli episodi di violenza, che veda la partecipazione sia degli operatori del settore che delle autorità pubbliche. Solo in questo modo sarà possibile orientare al meglio gli interventi ottimizzando gli investimenti e migliorando in modo concreto la qualità del lavoro.
In questa prospettiva, affrontare questa criticità significa non solo rispondere ai bisogni dei lavoratori che hanno subito violenza, come emerso dal questionario. Ma significa affrontare il tema relazionale della violenza, coinvolgendo gli utenti dei mezzi in forme di collaborazione e rispetto col personale, sia rendere sistematico l’approccio preventivo, attraverso un attento monitoraggio del fenomeno, con l’obiettivo di valutare costantemente l’evoluzione per adeguare le politiche di risposta da parte delle aziende di trasporto.