Che siano preoccupazioni fondate oppure esagerate potremo saperlo solo in seguito. Sta di fatto che settori della politica americana temono posizioni di predominio anche nel mondo dell’automotive da parte di Google, Apple e degli altri colossi, che farebbero pesare il controllo sulla rete e il possesso di immense quantità di dati personali.
I colossi di Silicon Valley puntano sempre di più a presidiare un settore come quello dell’automobilismo, integrando i propri sistemi operativi nei veicoli che usiamo nella vita di tutti i giorni. Ma la cosa, per il momento negli Stati Uniti, sta sollevando più di qualche perplessità.
Andiamo con ordine: la prima mossa è stata fatta da Google con Android Automotive, di recente aggiornato alla versione 12L e che supera il precedente sistema Android Auto, oltre ad essere – dettaglio non da poco – gratuito ed Open Source.
Parliamo di sistemi operativi che rendono l’auto praticamente uno smartphone e che al momento troviamo in modelli come la Renault Megan E-Tech, la Volvo XC40 Elettrica e la Polestar 2, in attesa che in futuro sempre più marchi e vetture implementino il sistema. Motor1.com riporta la possibilità di vedere Android Automotive anche nei mezzi di Honda, Stellantis, Ford e General Motors, sebbene non sia ancora chiaro quali saranno i modelli su cui verrà inserito l’infotainment: sia come sia, il territorio di conquista sarà sicuramente quello dei veicoli elettrici, su cui si sta orientando il mercato.
I marchi automobilistici perciò sembra vogliano abbandonare lo sviluppo di propri sistemi software per implementare quelli forniti da terzi, ed Apple, da canto suo, non vuole certo stare a guardare. Ma come abbiamo detto la cosa potrebbe creare qualche controversia, come riporta un dettagliato articolo pubblicato su Vox.
In occasione della annuale Worldwide Developers Conference che si è tenuta lo scorso giugno, Apple ha presentato l’aggiornamento del proprio sistema CarPlay, risposta all’Android Automotive e che permette tra le altre cose anche quella di monitorare dal proprio cruscotto diversi parametri dell’auto.
Aggiornate anche le mappe, per rispondere alla temibile concorrenza di Google Maps. Le case automobilistiche che hanno deciso di puntare sull’infotainment Apple non sarebbero poche, annoverando marchi come Acura, Mercedes, Infiniti, Ford, Honda, Jaguar, Audi, Nissan, Porsche ed anche Volvo, ma il sistema entrerà a regime e in piena implementazione solo a fine 2023.
Negli Stati Uniti c’è il timore di una certa pervasività dei Big Tech nella vita dei cittadini, che si interfacciano con queste realtà in quasi ogni aspetto della quotidianità (gli smartphone certamente, e già questo è abbastanza, ma anche altri device come gli smart tv). Inoltre sussisterebbero pure problemi di antitrust.
Ricordiamo che anche Amazon, con Alexa, vuole garantirsi il proprio spazio nel mondo automotive presentando la propria compatibilità in vetture di marchi come Audi, Alfa Romeo, BMW, Chevrolet e così via.
Krista Brown, analista politico senior presso l’American Economic Liberties Project (che appunto si occupa di politiche antitrust), ha commentato su Vox Recode: «Tutte le principali società tecnologiche hanno cercato di mantenere il loro dominio in questi settori nascenti. Quello che si nota in tutti i casi è che contengono enormi quantità di dati», riferendosi alla raccolta appunto di dati sui loro utenti, mentre aziende che non dispongono di questi ecosistemi digitali e non riescono ad entrare nei settori come l’automotive rischiano di essere tagliate fuori. Brown ha proseguito: «C’è un effetto volano, in cui la quantità di dati che hanno le Big Tech consente loro di fornire informazioni migliori. Ciò non significa che dovremmo esistere in un mondo in cui loro diventano gli unici fornitori di tali informazioni».
Secondo la società di consulenza strategica ed analisi Gartner, riporta sempre Vox, entro il 2028 il 70% delle vetture vendute utilizzerà il sistema Android Automotive, anche se questo non significa che tutte le auto implementeranno i Google Automotive Services (quest’ultima potrebbe avere presto un proprio sistema operativo, a quanto pare). Un rapporto di Gartner dello scorso 17 febbraio recita: «Le case automobilistiche hanno cercato per diversi anni di costruire un ecosistema di servizi digitali orientati al cliente attorno ai loro veicoli, ma per lo più hanno fallito nel tipo e nell’ampiezza di tali servizi, nonché nella vera comodità che offrono ai clienti. Dato che la tecnologia e il software diventeranno sempre più i fattori decisivi per questo settore, le aziende tecnologiche vedono in tutto ciò un’opportunità per sfruttare ulteriormente la loro esperienza». Insomma, come abbiamo detto all’inizio, l’automotive è un territorio di conquista formidabile per i Big Tech, sfruttando l’incapacità dei marchi automobilistici di poter offrire un proprio software fatto in casa.
Ma, come osservato da Vox, il fatto che Google, Apple ed Amazon presidino quasi totalmente lo spazio dei sistemi di infotainment nelle auto ha messo in allarme i sostenitori dell’antitrust e diversi settori tra i decisori politici, che «…vedono questo come un altro modo in cui queste enormi aziende possono attirare più persone verso i loro ecosistemi e rendere più difficile per loro andarsene. Ciò fornirà a quelle aziende molti più dati e renderà molto più complesso competere per le realtà nuove o più piccole».
In particolare lo scorso gennaio si sono mossi diversi gruppi di consumatori ed attivisti negli Stati Uniti, scrivendo alla senatrice Amy Klobuchar e al deputato David Cicilline, noti per le loro posizioni antitrust, e alla Federal Trade Commission ed al Dipartimento di Giustizia, segnalando le loro preoccupazioni – anche in termini di privacy sulla mole dei dati raccolti – riguardo l’espansione delle multinazionali tecnologiche nel settore automobilistico. Nella lettera si legge che: «…Le implicazioni sulla privacy e sulla sicurezza dei dati sono gravi. Google trae già profitto dalla nostra cronologia del browser. Immaginate perciò se possono anche monetizzare il nostro comportamento al volante. Sanno dove andiamo, cosa cerchiamo e ora sapranno quanto spesso usiamo i nostri indicatori di direzione o quando superiamo il limite di velocità».
Che siano preoccupazioni fondate oppure esagerate potremo saperlo solo in seguito. Sta di fatto che la politica americana, segnatamente nel campo democratico, teme posizioni di predominio anche nel mondo automobilistico da parte di Google, Apple e degli altri colossi, perché dopo aver conquistato quasi tutti gli spazi nel regno degli smartphone, accumulando inoltre immense quantità dati personali, «…È necessaria un’azione urgente per proteggere i lavoratori, la privacy e il panorama competitivo», come ha tuonato un gruppo di deputati democratici capitanato dalla parlamentare Jamie Raskin.
In realtà, i consumatori ed il mercato si orientano verso le soluzioni migliori e considerate più utili ed efficienti. I sistemi di infotainment delle grandi multinazionali hanno successo perché i software delle auto prodotte dai marchi costruttori non hanno mai avuto grande popolarità tra gli utenti, ed ovviamente è difficile competere con chi ha un know-how di peso e di qualità nel settore dei sistemi operativi, offrendo una qualità di servizi difficilmente paragonabile. Inoltre i Big Tech stanno cercando di rassicurare riguardo i dati dei consumatori e la loro privacy.
Ma i sostenitori dell’antitrust non mollano, rilanciando sul fatto che il prossimo passo possa essere lo sconfinamento delle multinazionali tecnologiche nel mondo automotive. Come riporta Vox, «..la società madre di Google, Alphabet, possiede la società di tecnologia per la guida autonoma Waymo. Amazon ha acquistato Zoox, una startup di veicoli autonomi, e possiede parte della casa di auto elettriche Rivian. E Microsoft, che opera nel settore dei veicoli da decenni, sta facendo le proprie mosse verso le vetture a guida autonoma con un investimento in Cruise, un servizio di consegna e giro in auto elettrica a guida autonoma».Non solo infotainment, insomma, ma l’obiettivo – pare – di controllare anche i sistemi hardware e creare dei propri veicoli, come quello elettrico ed autonomo su cui come è noto Apple sta lavorando da anni.
Se così fosse, altre aziende che volessero offrire i propri servizi per una futuribile Apple Car diventerebbero soggette ai termini e alle condizioni, più le eventuali commissioni, della multinazionale di Cupertino, «…un po’ come avviene per la maggior parte delle tue cose sull’iPhone». «…CarPlay potrebbe non essere solo un’anteprima dell’Apple Car. I sostenitori dell’antitrust temono che possa anche essere un’anteprima di un mondo in cui quasi tutte le auto sono alimentate dai sistemi operativi di due sole società».
La questione quindi diventerebbe una sorta di seguito di quanto abbiamo visto con gli smartphone: qualità dei servizi sempre più alta, ma un cartello di grandi multinazionali che presidiano il mondo dell’automotive, “imponendo” proprio quei servizi che gli utenti trovano efficaci ed efficienti, ma sempre più pervasivi e che vanno al di là della riproduzione della musica o delle indicazioni stradali. Una sorta di ulteriore allargamento del potere dei Big Tech, che genererà sicuramente polemiche e reazioni.