Torna ad essere operativa Lightyear, società olandese produttrice di omonime auto alimentate da panelli solari. Scampato il pericolo della bancarotta, sono stati apportati però dei cambiamenti, a partire da un modello che sarà accantonato
Ascesa, caduta e rinascita: il periplo compiuto dall’olandese Lightyear, start-up nata nel 2016 ed apparentemente deceduta qualche settimana fa, ha del bizzarro, visto che la società a quanto pare è ritornata in pista con il suo ambizioso prodotto di punta, ovvero l’omonima vettura alimentata dall’energia solare, ma con qualche aggiustamento.
Lightyear finita in bancarotta
Solo lo scorso gennaio l’azienda ha presentato i propri modelli al CES di Las Vegas, ma poi a marzo è venuto fuori che la Atlas Technologies BV, altra società olandese che si occupa della produzione della vettura, aveva presentato una istanza di bancarotta. Perciò, libri contabili in tribunale ed amministrazione straordinaria, e pazienza se la Lightyear 2, l’auto destinata al pubblico generalista per l’utilizzo giornaliero, versione meno esclusiva della precedente 0 a tiratura limitata, da cui si distingue per un prezzo che da 250.000 euro cala a 40.000, era entrata nell’accordo di pre-ordine con una leader nel settore del noleggio a lungo termine di vetture multimarca come Arval, con ben 10.000 Lightyear 2 prenotate.
Il progetto sembrava ormai arenatosi per difficoltà di realizzazione vista la tecnologia ambiziosa ma con costi ragguardevoli di produzione ed incertezze legate all’autonomia reale dell’auto (si parlava comunque di un notevole valore di 800 km coperti da una singola ricarica). Dopo l’accantonamento della versione 0, sin troppo esclusiva per rientrare nei costi, Lightyear aveva orientato i propri sforzi produttivi sulla 2, sino alle notizie di un collasso del progetto e della società, che sembrava destinata a seguire il triste destino di un’altra azienda che puntava ai veicoli solari come Sono Motors.
La rinascita con diversi cambiamenti: le Lightyear 0 saranno messe all’asta
E invece la realtà olandese è pronta per tornare in pista, come ha annunciato il co-fondatore ed amministratore delegato Lex Hoefsloot, in modo ridimensionato ma ancora tra noi. Chiuso definitivamente il capitolo della 0, con i modelli rimasti in magazzino che verranno messi all’asta, Lightyear punterà tutto sulla 2 con un’azienda che vedrà la vendita di alcune delle proprie azioni ed un accorpamento di tre divisioni in un un’unica che si chiamerà Lightyear Technologies, e con una forza lavoro che almeno all’inizio da 600 addetti passerà a circa un centinaio. A collaborare al rilancio anche un gruppo di nuovi investitori.
Sostanzialmente Lightyear per sopravvivere ha dovuto riconsiderare la propria organizzazione interna e i propri piani commerciali, puntando più sul pragmatismo. D’altronde non ha senso che una realtà più simile ad una start-up che ad una compagnia rodata e solida investa su un modello di nicchia e dal prezzo per una clientela ristrettissima, soprattutto se ha in produzione un altro più economico, adocchiato da un importante attore nel settore del noleggio e che potrebbe davvero rivoluzionare le abitudini di mobilità.