Un’industria illuminata ma controversa, che non piace all’Occidente sia per questioni politiche che etiche. La Cina si sta facendo sempre più spazio nel mondo dei trasporti sostenibili (o apparentemente tali). Perché gli EV cinesi sono diversi dagli altri?
A inizio anno BYD ha superato Tesla per vendite totali di veicoli elettrici. Una notizia che ha causato un certo livello di costernazione sui rischi di un’ondata di auto cinesi a batteria in arrivo nel resto del mondo, inclusa l’Europa. Tanta la preoccupazione per le questioni riguardanti la fornitura di materiali come il litio per le batterie. Ma il mercato cinese è molto diverso dagli altri, incluso quello statunitense, dove è nata l’impresa di Elon Musk. Capiamo perché nel primo di due articoli sul tema (la seconda parte sarà pubblicata domani).
La storia di Tesla non è come quella di BYD (e viceversa)
Tesla Motors è nata nel 2003 e fin dall’inizio i suoi veicoli, tutti modelli a batteria, sono stati pensati per gli acquirenti più facoltosi. Lo sviluppo delle sue tecnologie e la creazione di un’infrastruttura di ricarica a livello nazionale hanno richiesto (e ottenuto) un grande aiuto da parte governo USA, che ha fornito un prestito di 465 milioni di dollari nel 2010. Molti anche i crediti fiscali offerti agli acquirenti. L’azienda ha così venduto quasi 2 milioni di veicoli elettrici nel mondo lo scorso anno.
Per quanto riguarda BYD, invece, è nata come azienda di batterie e ha cominciato a produrre automobili nel 2003, quando ha acquisito una casa automobilistica già esistente. Ha però cominciato a produrre BEV solo nel 2008, dopo un investimento di 230 milioni di dollari da parte della Berkshire Hathaway di Warren Buffet. Il governo cinese ha poi contribuito pesantemente al suo successo: si parla di circa 2,6 miliardi di dollari di finanziamenti tra 2008 e 2022. Così è stata favorita una rapida crescita fino ai 3 milioni di veicoli venduti nel 2023, di cui 1,6 milioni a batteria. Non è una novità: l’alto livello di coinvolgimento del governo ha permeato questa spinta verso il dominio degli EV in Cina e continua a farlo ancora oggi.
L’innovazione nelle sue varie forme
Diverse piccole startup, comunque, avevano tentato di produrre veicoli elettrici nel dopoguerra, ma nessuna ha avuto grande successo. Alla fine degli anni ’90, GM e Toyota si erano cimentate nel settore, ma ne era scaturita solo l’ibrida Prius. Che in effetti aveva avuto un certo successo. Solo con la fondazione di Tesla, però, qualcosa è cambiato. E così è sempre stato con il passare del tempo: l’azienda è riuscita a dominare il mercato internazionale tracciando sempre le linee guida dell’ambito. Così si sono diffusi i grandi schermi touchscreen, l’Autopilot, la modalità Sentry, il Supercharger e la sua rete, l’utilizzo di un’app come chiave, gli aggiornamenti over-the-air e molte altre caratteristiche ancora.
Per quanto riguarda la Cina, invece, le sue case automobilistiche stanno puntando molto sulla parte entertainment. Per questo c’è un elenco vertiginoso di gadget tecnologici integrati in ogni auto prodotta in questa parte del mondo, dai frigoriferi ai proiettori per l’assistenza alla guida. Un modello con un pacco batterie completamente intercambiabile che richiede solo cinque minuti per essere cambiato è già in servizio, e un paio di modelli elettrici di lusso e supercar di fascia altissima sono in arrivo. Insomma, è chiaro che su entrambe le sponde del Pacifico si stanno sviluppando industrie parallele.
Le infiltrazioni nei reciproci mercati
Le vendite di auto americane in Cina sono drasticamente diminuite negli ultimi anni: quelle di GM sono diminuite del 20%, quelle di Ford del 33,5% nel 2021. Sebbene la Tesla Model 3 venda bene nel Paese, non può essere paragonata al numero di Mini EV di Wuling Hong Guang. Quest’ultimo, però, ha un prezzo di 4.500 dollari ed è una ‘scatoletta’ elettrificata con un’autonomia di sole 160 km.
I veicoli elettrici cinesi invece non sono ancora in vendita negli Stati Uniti. Nio prevede di vendere EV prodotti in Cina nel 2025, nonostante le tariffe elevate e l’impossibilità di beneficiare del credito d’imposta di 7.500 dollari. Ma altri marchi si sono già infiltrati nel mercato messicano e stanno valutando l’ipotesi di aprire lì fabbriche così da esportare a nord senza dazi.