Quest’anno Tesla ha annunciato la volontà di fare a meno delle terre rare per i propri veicoli elettrici. Altre aziende e costruttori automobilistici stanno valutando e lavorando su questa opportunità. Ecco perché lo fanno e cosa sono questi metalli importanti per interi settori tecnologici
Lo scorso marzo avevamo approfondito la possibilità che il mondo dell’automobilismo elettrico potesse fare a meno delle terre rare per le vetture alla spina. Nel corso dell’Investor Day che si è tenuto proprio quel mese, la stessa Tesla aveva dichiarato la volontà di proseguire nella riduzione di questi metalli per i proprio veicoli. Già la Model 3 e la Model Y, intanto, avevano subito un taglio del 25% nella quota di terre rare utilizzate Ebbene, il colosso di Elon Musk potrebbe non è di certo il solo in questa strada percorsa.
Che cosa sono le terre rare e perché sono importanti
Chiariamo prima di cosa parliamo quando citiamo le terre rare, che proprio rare non sono in realtà. Si tratta di elementi (in tutto 17) della tavola periodica, ben presenti sulla crosta terrestre ma al tempo stesso difficilmente rintracciabili in una concentrazione tale da consentire grandi volumi estrattivi. Neodimio, cerio, lutezio, scandio, praseodimio, europio, samario e le altre terre rare hanno una colorazione grigiastra-argentea, e presentano notevoli proprietà magnetiche e in termini di conduzione.
Motivo per cui l’elettronica di consumo, ma anche realtà più pesanti come l’aeronautica, fanno largo uso di questi metalli. Dagli smartphone alle apparecchiature mediche, passando per pannelli fotovoltaici, magneti permanenti, fibre ottiche ed ovviamente batterie elettriche: le terre rare si rintracciano in un ampio spettro di dispositivi e macchinari. Soprattutto in quelli protagonisti della transizione verde.
Il monopolio cinese
Questi elementi, come abbiamo detto, si trovano un po’ ovunque nel globo terracqueo (o meglio terrestre). Si rintracciano nel continente americano, quello euroasiatico e in Australia. Ma è la Cina, e questa non è una novità, a detenere il monopolio mondiale grazie a riserve pari ad un terzo di quelle mondiali. E da qui anche il primato nella produzione: il 60% della quota globale contro il 15,5% dei diretti inseguitori, gli Stati Uniti.
Chiarito ciò, veniamo alle decisioni delle case automobilistiche, su cui pesa proprio la concorrenza cinese. Anche alla luce del fatto che il governo di Pechino ha annunciato, di recente, dei limiti nell’esportazione globale della grafite, altra materia prima importante per le batterie degli EV e in cui gode di una posizione monopolista. Se ci fossero altre strozzature per elementi come le terre rare, sarebbero ulteriori guai per l’industria del resto del mondo.
Gli esempi di realtà automobilistiche che puntano a non dover dipendere dalle terre rare
Marchi come General Motors, BMW, Nissan o Jaguar Land Rover stanno spingendo per trovare strade alternative. Se Tesla infatti punta su un motore a magneti permanenti (PMS, Permanent Magnet Synchronous) indipendente dalle terre rare, realtà come Nissan sono partite dallo sviluppo motori sincroni ad eccitazione esterna (EESM, Externally Excited Synchronous Motor, come quello presente nel crossover Ariya), che tramite energia elettrica creano un campo magnetico senza usare magneti, per arrivare ai motori a magneti semipermanenti senza terre rare.
Questo è quanto riporta un articolo pubblicato su Teslarati, che cita anche le parole del direttore tecnico di ZF Friedrichshafen, azienda specializzata nella fornitura di componentistica per i trasporti, ovvero Otmar Scharrer. “Si tratta di un contributo importante per renderci un po’ più indipendenti dalla Cina”, ha spiegato.
L’importanza della sostenibilità
Liberarsi dalla dipendenza delle terre rare significa anche puntare sulla sostenibilità, come ha sottolineato Ben Chiswick, uno dei dirigenti della Drive System Design, azienda di Detroit che collabora con tre case automobilistiche per produrre motori scevri da questi metalli. “Se fai un buon lavoro, avrai un prodotto molto più sostenibile”, ha affermato.
Ricordiamo infine altri casi già citati. Ad esempio la collaborazione tra Renault, la francese Valeo (che si occupa di componenti per veicoli) e Siemens, insieme per produrre rotori EESM basati sul rame e con bobine al posto dei magneti (il lancio delle versioni definitive dovrebbe avvenire dal 2027). Oppure il motore EESM terre rare-free di Vitesco Technologies, o i magneti permanenti a base di nitruri di ferro sviluppati da Niron Magnetics con l’appoggio di Stellantis e GM.