Tesla apre le porte dell’impianto di produzione della sua gigafactory di Berlino-Brandeburgo, altamente automatizzata, con l’efficienza spinta al massimo e la presenza del colossale braccio robotico Godzilla
Un anno fa Tesla aveva inaugurato nella zona di Berlino la propria gigafactory, oggi pienamente operativa come ha annunciato di recente Jörg Steinbach, membro del Bundesrat e Ministro dell’Economia, del Lavoro e dell’Energia dello Stato del Brandeburgo: un impianto che produce 3000 esemplari di Model Y a settimana, con l’ambizioso obiettivo di far salire questo valore sino a raggiungere una quota pari a un quarto di milione di vetture ogni anno.
La gigafactory di Berlino-Brandeburgo e la crescita del mercato elettrico
Come abbiamo visto in precedenza, le gigafactory sono una realtà in forte espansione in armonia con la crescita del mercato e delle opportunità del settore delle auto elettriche e componentistica, come le batterie: quella di Tesla sul territorio tedesco è per ora la prima del suo genere del marchio di Elon Musk in Europa. Tuttavia c’è necessità di aumentare i ritmi di produzione per stare al passo della domanda (la Model Y gode di ottime vendite in Europa, e il taglio dei prezzi del listino deciso recentemente da Tesla potrebbe spingere ulteriormente su questo fronte) e della concorrenza, e non dover dipendere dalle importazioni della gigafactory di Shangai.
Nello stabilimento di Berlino-Brandeburgo si producono anche batterie, come il modello 4680 che aumenta la densità energetica per singola cella, e i processi sono altamente automatizzati sfruttando il lavoro dei robot, come è normale avvenga nella grande industria dell’auto.
I processi ottimizzati della gigafactory Tesla e il lavoro di Godzilla
Tra i macchinari che spiccano nella gigafactory tedesca citiamo l’enorme braccio robotico chiamato in maniera teatrale Godzilla (dietro al cui nome si cela un sollevatore Fanuc M-2000iA, il più grande robot industriale attualmente disponibile), capace di sollevare la carrozzeria fuoriuscita dal reparto stampaggio per convogliarla in quello della verniciatura.
Tesla, impegnata nel corso degli anni a ridurre le parti ma rendendole più grandi per rendere più efficiente la linea di produzione, ha mostrato il funzionamento di questo robot e degli altri che si occupano dell’assemblaggio delle auto nella gigafactory: i 13 pannelli della carrozzeria vengono prodotte grazie al lavoro di una pressa che imprime una forza pari a 7300 tonnellate, e successivamente ben 600 robot si occupano della saldatura (nonostante nella prima linea di produzione Tesla abbia operato un razionamento dei robot impiegati per ottimizzare al meglio i processi produttivi).
La vettura poi procede verso l’assemblaggio generale che comprende motori, elettronica ed interni, tramite un processo che coinvolge un migliaio di operai su turni che danno il proprio supporto in 20 stazioni automatizzate. Una produzione che secondo l’ex amministratore delegato di Volkswagen Group Herbert Diess consente a Tesla di impiegare nella sua gigafactory berlinese 10 ore di produzione per auto, rispetto alle 30 della casa tedesca nello stabilimento di Zwickau.