Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha diramato le linee guida che specificano l’accesso agli incentivi dell’Inflation Reduction Act per l’acquisto di auto elettriche: l’UE temeva per la sua industria automobilistica, ma la temuta stangata non c’è stata
La scorsa settimana il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha ufficializzato le linee guida per l’accesso ai generosi incentivi ed agevolazioni fiscali che l’Inflation Reduction Act, l’ampia legge federale da 369 miliardi di dollari per spingere la transizione ecologica ed approvata dall’amministrazione Biden nel 2022, ha previsto nei suoi articoli per l’acquisto di auto elettriche.
I paletti dell’IRA che preoccupavano l’Europa
La cosa era vissuta con un po’ di apprensione in Europa e in particolare da parte delle case automobilistiche del vecchio continente: pur trattandosi di linee generali senza riferimenti a marchi e modelli di vetture, questo documento avrebbe potuto causare delle conseguenze sulle catene di approvvigionamento tra le due sponde dell’Atlantico, e il rischio che le aziende dell’automotive potessero spostarsi dall’Europa agli USA.
L’IRA infatti prevede crediti di imposta pari a 7.500 dollari se l’utente acquista un veicolo elettrico assemblato in USA, con un valore totale che finanzia da una parte la componentistica delle batterie che sono state prodotte negli Stati Uniti, e dall’altra i metalli necessari alla loro esistenza che provengono dal territorio statunitense o da un altro con il quale sussiste un accordo di libero scambio, anche di recente firma (basta anche soddisfare un solo requisito, ma l’incentivo in tal caso scende a metà, ovvero 3.750 dollari). Insomma, paletti molto rigidi all’insegna dell’”America First”.
Ma alla fine le linee guida del Tesoro americano si sono concentrate più sui minerali critici fondamentali per le batterie che per i componenti, aprendo inoltre le maglie un tempo strette dell’IRA, come vedremo. Questo ha fatto tirare un sospiro di sollievo alle case automobilistiche (quelle europee) che temevano di finire escluse dal mercato statunitense e dai suoi importanti incentivi.
Nell’IRA rientrano anche i Paesi con accordi di libero scambio con gli USA
Come confermano le disposizioni del Tesoro (comunque passabili di ulteriori consultazioni prima dell’approvazione definitiva) l’industria europea delle auto non resterà fuori dal mercato delle agevolazioni fiscali in terra USA, almeno nel settore dei veicoli elettrici aziendali in leasing. E a quanto pare è arrivata una svolta anche in tema di minerali critici che vengono estratti o anche lavorati nell’UE, in modo che l’automotive europeo possa avere un accesso totale ai vantaggi dell’IRA.
Attualmente gli Stati Uniti hanno accordi di libero scambio con Paesi come Canada, Messico e recentemente anche con il Giappone, in modo da rafforzare le catene di approvvigionamento rendendosi sempre meno dipendenti da quelle cinesi. In particolare, la collaborazione tra USA e Sol Levante ha un che di inedito nella storia dei rapporti commerciali tra i due Paesi, che si impegneranno – in un settore come quello automobilistico in cui la competizione tra loro è molto forte – a non imporre dazi riguardo l’esportazione vicendevoli di minerali critici e terre rare. E quindi anche il Giappone rientra nei criteri dell’IRA, quel 40% (che salirà all’80% dal 2027) dei metalli delle batterie prodotto in Paesi con cui sussiste un accordo di libero scambio. Su questo ha puntato anche l’UE: non a caso ad inizio marzo la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha incontrato a Washington il Presidente Biden per stringere un accordo di massima per l’avvio di colloqui sui minerali critici.
Secondo però le linee guida del Tesoro, per accedere ai vantaggi dell’IRA valgono tutti gli accordi sui minerali critici recentemente negoziati, quindi anche quello con Bruxelles. Ergo, si tratterebbe di una buona notizia per l’UE e per la sua industria automobilistica.
Gli altri chiarimenti del Dipartimento del Tesoro
Tra gli altri chiarimenti del Tesoro si specifica che conduttori come catodi ed anodi rientrano nella definizione di “minerali critici”, pur essendo formalmente componenti della batteria, regalando un assist a colossi come Volkswagen. Questo perché la legge federale dell’amministrazione Biden impone percentuali crescenti di componentistiche delle batterie prodotte ed assemblate negli USA al fine di beneficiare degli incentivi: in questo modo invece realtà come la casa tedesca potranno ottenere materiali quali catodi ed anodi fuori dal territorio nordamericano.
La tanto temuta severità quindi non c’è stata, almeno per Bruxelles: Paesi come Cina, Russia, Corea del Nord ed Iran (definite “entità estere di interesse”) sono esclusi dagli incentivi con la loro produzione di componenti e di minerali e terre rare. Il Dipartimento del Tesoro infatti spiega che “a partire dal 2024, un veicolo elettrico non può contenere alcun componente della batteria prodotto da un’entità straniera di interesse e a partire dal 2025 […] non può contenere minerali critici estratti, lavorati o riciclati da un’entità estera di preoccupazione”. Verranno poi in seguito pubblicate ulteriori indicazioni in merito.
Certo, restano dei dubbi, come quello sollevato dall’Alliance for Automotive Innovation, che rappresenta grandi costruttori e produttori di batterie e che ritiene come pochi modelli alla fine dei conti potranno godere dei crediti d’imposta di 7.500 euro. La catena di approvvigionamento USA infatti è ancora agli albori e non ha ancora quella solidità competitiva rispetto a chi si è mossa prima nel settore, come la Cina. In ogni caso il Dipartimento del Tesoro ha puntualizzato che verrà chiesto alle aziende il tracciamento delle loro catene di fornitura, in modo che le regole dell’IRA vengano rispettate.