Roma, 16/09/2024
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Stati Uniti, rinviati i dazi sulle auto elettriche cinesi. Ma il Canada li alza al 100%

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Rinviati a data da destinarsi i dazi sulle auto elettriche cinesi (e anche su altre merci di importazione) annunciati dagli Stati Uniti. Serve tempo, ma intanto il Canada procede e anche l’Europa. E la Cina agisce di conseguenza

Gli Stati Uniti frenano l’ondata di pesanti dazi rialzati sino al 100% sulle auto elettriche cinesi, e su altre merci da Pechino. Almeno per ora. Questo è ciò che risulta secondo Automotive News, riportata da CarBuzz.

I dazi sulle auto elettriche cinesi e le altre merci annunciati dagli Stati Uniti

Lo scorso maggio l’amministrazione Biden aveva infatti stabilito di quadruplicare le tariffe, inizialmente del 27,5%, sulle vetture a batteria provenienti dall’Estremo Oriente. Oltre a dazi del 100% sulle BEV, in programma anche rialzi al 50% sui semiconduttori e al 25% su batterie agli ioni di litio. Nonché su materie prime cruciali come acciaio, alluminio e infine anche siringhe. Tutto per proteggere gli Stati Uniti da “pratiche commerciali disoneste” da parte della Cina, si disse.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso sono stati i dati riportati da Jato Dynamics, società di ricerca e marketing sul mondo automobilistico, secondo cui nel 2023 i veicoli cinesi circolanti a livello globale sono stati 13,43 milioni, contro gli 11,93 di produzione statunitense. Oltre al fatto che BYD abbia ormai surclassato Tesla in termini di vendite di vetture nel mondo.

È una realtà che comunque viviamo nel nostro quotidiano, con l’invasione di prodotti a basso costo dalla Cina che coprono ogni esigenza quotidiana. Non solo auto quindi, ma questo settore sta avendo un ruolo chiave nelle mire di Pechino nel ribaltare i rapporti di forza. Che sino ai tempi recenti vedevano spadroneggiare i marchi europei, americani e giapponesi.

I dazi mettono d’accordo repubblicani e democratici. Ma Trump promette misure draconiane

I dazi d’importazione delle merci cinesi, che possono giovare dell’intervento statale, mettono d’accordo sia repubblicani che democratici, pur nelle differenze dei toni. Che vinca a novembre Donald Trump o Kamala Harris, è prevedibile il fatto che le barriere d’ingresso nei confronti di Pechino possano rimanere ben salde.

Se non ulteriormente fortificate, come intende fare Trump che ha promesso una politica all’insegna dei dazi. Non solo contro la Cina ma verso l’import dal resto del mondo. Si parla in quest’ultimo caso di gabelle aumentate del 10%, con ripercussioni sull’economia globale, ma anche sugli stessi consumatori americani (che poi alla fine chi paga sono sempre loro riguardo le decisioni ideologiche prese dai governi). Il candidato repubblicano però, nella sua imprevedibilità, aveva anche aperto alle auto elettriche cinesi. Purché con materiali di fabbricazione americana.

Il rinvio dei dazi dell’amministrazione Biden: cosa è successo

Come abbiamo visto l’amministrazione in scadenza di Biden, per proteggere le aziende USA, propone già da ora un giro di vite. O meglio, proponeva: come abbiamo detto l’entrata in vigore prevista per il 31 agosto 2024 è al momento rinviata.

La Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti d’America Katherine Tai, sorta di ministro del Commercio Estero, ha infatti spiegato che le misure annunciate a maggio sono ancora in fase di definizione. Inizialmente i nuovi dazi dovevano entrare a regime il primo agosto, per poi spostare la scadenza. Ora però serve ancora del tempo per valutare i rilievi mossi dal settore produttivo e commerciale (oltre 1.100, riporta CarBuzz). Di conseguenza, si parla di un rinvio al momento sine die.

Ma il Canada affonda il colpo

Nel frattempo il resto del mondo si sta muovendo. Nella vicina Canada lo scorso 26 agosto sono stati annunciati tariffe d’entrata sulle BEV da Pechino del 100%. Come nella proposta di Washington, insomma (e la stessa Tai ha applaudito alla decisione). Inoltre il governo Trudeau ha imposto dazi del 25% anche su acciaio ed alluminio.

Le misure dell’UE e le contromisure cinesi

Nell’Unione Europea infine c’è stata la proposta di un innalzamento delle tariffe dal 17,4% al 38,1%, sempre sulle auto elettriche cinesi. Con la possibilità di un incremento massimo sino al 48%. Questa decisione è stata frutto dell’indagine per presunte pratiche commerciali sleali da parte di Pechino, e alla fine ha portato all’entrata in vigore dei dazi (con rincari che variano da marchio a marchio) dallo scorso 5 luglio.

Fatta la legge però, trovato l’inganno. Diverse case automobilistiche, come BYD e Xpeng, di tutta risposta hanno infatti trovato la falla con cui aggirare il salasso: aprire impianti di fabbricazione in Europa. Privilegiando Paesi con costi di manodopera bassi e scarsa burocrazia (insomma, non sarebbe il caso dell’Italia, anche se di recente il nostro governo ha firmato un memorandum con la Cina con importanti aperture sul fronte automotive di provenienza asiatica).

Immagine di Copertina: BYD

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