Alla fine gli Stati Uniti hanno confermato i dazi sulle auto elettriche cinesi annunciati a maggio, e che saranno del 100%. E nel frattempo l’amministrazione Biden stanzia miliardi per una propria filiera delle batterie
Gli Stati Uniti stanno spingendo per dare una sterzata alla loro industria automobilistica e non soccombere di fronte alla concorrenza della Cina. Dopo un recente rinvio, l’amministrazione USA ha infine rotto gli indugi sui dazi. A seguito dell’annuncio dello scorso maggio, si darà corso a tariffe doganali in aumento del 100% sulle auto elettriche provenienti da Pechino. Una stretta simile a quella già operata dal Canada, e che entrerà in vigore dal 27 settembre di quest’anno.
Non solo dazi sulle auto elettriche cinesi: le altre strette degli Stati Uniti
Katherine Tai, segretaria per il Commercio del governo Biden, ha spiegato che questi dazi colpiranno “le politiche e le pratiche dannose della Cina che continuano a penalizzare i lavoratori e le imprese americane”. Nel pacchetto rientrano anche le celle dei panelli solari, con aumenti del 50%, così come i chip, ma dal primo gennaio prossimo. Anche le batterie delle auto elettriche avranno un incremento di tassazione, fissato al 25%. Inoltre di recente è stato previsto anche il divieto di implementare software e hardware di provenienza dalla Cina nei veicoli a guida autonoma che circoleranno sul territorio americano.
Investimenti miliardari per una filiera USA delle batterie
Se da una parte gli Stati Uniti stangano la concorrenza cinese, dall’altra cercano di mettersi in proprio per non dipendere da Pechino. Parliamo delle citate batterie dei veicoli elettrici, su cui il Dragone ha pressoché una posizione di leadership mondiale. In questi giorni il Dipartimento dell’Energia americano ha annunciato investimenti da oltre 3 miliardi di dollari, destinati a finanziare 25 progetti legati a celle ed accumulatori, materiali per la produzione inclusi, in 14 Stati.
L’obbiettivo è dare una spinta alla produzione su suolo statunitense delle batterie, con i progetti supervisionati dall’Office of Manufacturing and Energy Supply Chains del Dipartimento dell’Energia. Il tutto fondando una filiera che resti nel territorio federale. Come riporta CarBuzz, verranno aperti, e in altri casi riadattati, impianti di produzione e lavorazione dei minerali essenziali e metalli alla base delle batterie, oltre alla componentistica e alla creazione ed anche riciclaggio delle stesse. Di conseguenza verrà anche data una sferzata all’estrazione di minerali critici come litio, manganese o grafite, su cui la Cina detiene in buona sostanza un monopolio globale.
Previsti migliaia di posti di lavoro e sostegni a zone più svantaggiate
Tuttavia i progetti non riguarderanno solo le attuali batterie agli ioni di litio, ma anche modelli avanzati come quelle a stato solido. Si prevede la creazione di 12.000 posti di lavoro tra produzione e settore operativo. Dai dati forniti dal Dipartimento dell’Energia, circa il 90% dei progetti selezionati – riporta sempre CarBuzz – è in prossimità di comunità più svantaggiate. In pratica zone depresse economicamente o più inquinate.
Alcuni esempi dei progetti beneficiari
Tra i beneficiari, l’azienda specializzata nella chimica Albemarle, destinataria di un finanziamento di 67 milioni di dollari per la produzione di materiali per gli anodi di batterie agli ioni di litio di nuova generazione. Clarios Circular Solution gioverà di 150 milioni di dollari per un progetto che mira al riciclo dei materiali di scarto. A TerraVolta Resources 225 milioni per l’iniziativa che mira ad utilizzare la tecnologia DLE per la produzione di litio dalla salamoia geotermale. Spazio anche ai metalli critici. South32 Hermosa avrà infatti un contributo di 166 milioni di dollari per un progetto di estrazione di solfato di manganese ad alta purezza (HPMSM). Un elemento di cui la Cina detiene la leadership produttiva.