Tensione tra Stati Uniti e Cina sul tema delle batterie delle auto elettriche e i componenti per questo tipo di veicoli. I dipartimenti del Tesoro e dell’Energia attenuano la stretta sugli ecoincentivi che avrebbe messo alla porta Pechino con la sua industria. Ma lo scontro resta aperto
Tra Stati Uniti e Cina si sta accendendo uno scontro commerciale sulle batterie delle auto elettriche. Un settore dove Pechino ad oggi troneggia. Mentre il resto del pianeta sta studiando le contromisure per evitare che i loro mercati soccombano all’offensiva del Dragone.
Ad esempio l’Europa, tramite le istituzioni UE, nei mesi scorsi aveva annunciato una indagine per capire se ci fossero pratiche commerciali scorrette da parte cinese in termini di prezzi delle loro BEV in arrivo sui nostri mercati. E gli Stati Uniti stanno dando corso ai principi e alle normative messe nero su bianco lo scorso anno nell’Inflation Reduction Act.
Batterie per auto elettriche, la stretta USA sulle materie prime dalla Cina dal 2024
All’inizio di dicembre i dipartimenti del Tesoro e dell’Economia hanno specificato ulteriormente una serie di norme tese a disincentivare gli automobilisti e i consumatori ad acquistare veicoli elettrici oggetto di sovvenzioni statali qualora questi mezzi contengano componenti delle batterie che arrivano o sono lavorati in Cina. Un provvedimento firmato dal presidente Biden che mira a limitare la presenza di componentistica e batterie made in Pechino sul territorio americano, limitandone la diffusione. E ciò vale non solo per la Cina, ma anche per altri Paesi giudicati ostili (Foreign Entities of Concern), come la Russia, la Corea del Nord e l’Iran.
Il credito d’imposta sino a 7.500 dollari per l’acquisto di un’auto elettrica quindi dal 2024 sarà valido se il veicolo non avrà al suo interno componenti di provenienza cinese. O dagli altri Paesi nella lista nera. Questo vale sia per le batterie che per i minerali in essa presenti. Ciò rappresenterebbe un problema per la Cina, che ad oggi ha avuto gioco facile nel commercializzare all’estero, Stati Uniti compresi, le proprie batterie. Ricordiamo inoltre che sei dei maggiori dieci produttori di batterie a livello globale sono proprio cinesi.
Pericolo scampato per l’Europa
Gli USA invece puntano a proteggere la propria economia, la propria industria automobilistica e l’occupazione. Il Dipartimento del Tesoro, per essere precisi, già lo scorso aprile aveva diramato delle linee guida che specificano i paletti previsti dall’IRA riguardo l’accesso agli ecoincentivi (sotto forma di crediti d’imposta). In quell’occasione era stata scongiurata la temuta stretta nei confronti dell’industria europea. Ma al tempo stesso il Tesoro americano aveva preannunciato la chiusura alla possibilità di accedere agli ecoincentivi a partire dal 2024 per veicoli con componenti da Cina, Russia, Iran e Corea del Nord.
Ma alla fine gli Stati Uniti hanno ammorbidito la loro posizione (su pressione dell’industria automobilistica)
La pressione però della lobby automobilistica rappresentata dall’Alliance for Automotive Innovation (e che riunisce marchi come General Motors, Ford e Stellantis) ha fatto sì che venissero esclusi dalla stretta alcuni minerali fondamentali per le batterie. Questo per evitare che il mercato delle auto elettriche si riducesse negli USA a pochi modelli, visto il sussistere della dipendenza delle materie prime cinesi per diversi costruttori. I quali a loro volta sono “costretti” perlopiù a rifornirsi presso le catene di fornitura che partono da Pechino. Un divieto draconiano avrebbe avuto perciò riflessi notevoli sul mercato americano, con conseguenze sui posti di lavoro. Questo perché gli USA ancora non hanno ancora una propria industria totalmente autonoma in termini di materie prime per le batterie.
Il caso della collaborazione tra Ford e CATL
Quindi, per i prossimi due anni alcune materie prime saranno esentate da questa stretta. E marchi come GM hanno annunciato che saranno molti i suoi veicoli che potranno continuare a beneficiare del credito d’imposta federale. Più complessa invece la situazione di Ford. Lo scorso febbraio la casa automobilistica aveva annunciato la produzione di batterie litio-ferro-fosfato a basso prezzo dal 2026. Data in cui sorgerà un impianto in Michigan, con un progetto che è frutto della collaborazione con il colosso cinese delle batterie CATL.
Le regole che entreranno in vigore da gennaio 2024 prevedono che una joint venture di un’azienda americana con un Paese della lista nera – che detenga una quota partecipativa pari o superiore al 25% – non ha diritto a rientrare nella politica dei crediti d’imposta. Ma da CATL assicurano che le nuove linee guida federali non avranno effetti sull’accordo con Ford. Bisogna però anche specificare il fatto che lo scorso settembre il progetto dell’impianto da 3,5 miliardi di dollari è stato temporaneamente fermato dal marchio dell’ovale blu.
La Cina risponde alle misure americane
Intanto dalla Cina non si è fatta attendere una prima reazione alle misure statunitensi. Il Ministero del Commercio ha parlato di regole “discriminanti” per le loro aziende. Non solo: violerebbero, secondo Pechino, anche le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Gli USA però potrebbero rivolgersi ad altre realtà specializzate in batterie per auto elettriche. Come i principali gruppi sudcoreani (ad esempio Samsung, SK On o LG).