Il pianeta sta procedendo verso una mobilità basata sulle auto elettriche, ma in ordine sparso e con diversi aspetti critici. Se Paesi come Cina (ovviamente), Norvegia e Islanda sono a buon punto, altri rischiano di incartarsi tra opposizioni e contraddizioni. Il caso degli Stati Uniti e il nuovo piano per abbattere le emissioni dei veicoli (per agevolare la vendita delle BEV)
Secondo una ricerca del Rocky Mountain Institute, due terzi delle auto vendute a livello globale saranno elettriche. Quella dei veicoli a batteria è insomma una traiettoria che punta in avanti senza possibilità di inversioni di marcia. Ma il problema è la velocità sparsa con cui il pianeta sta andando verso questa direzione. E a volte inceppandosi.
Cina e Norvegia continuano ad aumentare la quota di vendita delle auto elettriche
La Cina, come abbiamo visto più volte, è senz’altro avvantaggiata e già da ora detiene una posizione di leadership mondiale nel settore. Marchi come BYD hanno surclassato case specializzate come Tesla nella vendita globale di BEV, mentre nel resto del mondo una delle poche realtà che prova a tenere il passo è la Norvegia. Avevamo approfondito il caso del Paese scandinavo che sin dagli anni Novanta sta puntando a livello statale sulla mobilità elettrica, a partire dalle infrastrutture di ricarica (una delle conditio sine qua non per favorire un’economia delle auto elettriche). E che entro il 2025 dovrebbe vietare tout court la vendita di nuovi veicoli con motori termici.
Per il resto, come abbiamo detto si va in ordine sparso. Negli Stati Uniti la quota di mercato delle BEV, riporta l’Institute of Electrical and Electronics Engineers, ad oggi è inferiore del 20%, mentre la Cina entro questo decennio potrebbe arrivare al 40%, se non una quota totale in alcune zone del Paese.
Il caso degli Stati Uniti: i regolamenti per abbattere le emissioni dei motori termici
Tornando agli USA, l’amministrazione Biden ha incontrato una durissima opposizione ad una proposta del 2023 che avrebbe potuto aumentare le vendite di auto elettriche. Essa proponeva una serie di regole stringenti per il risparmio del carburante per il periodo 2027-2030. Cosa che però ha suscitato la strenua opposizione dei produttori, delle lobby automobilistiche e dei sindacati di settore. Di conseguenza il piano statunitense di arrivare ad una quota nelle vendite di auto elettriche del 50% sul totale entro il 2030 (e due anni dopo del 60%) sembrava potesse subire una brusca frenata.
Ma negli ultimi giorni l’Agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti (Epa) ha preparato una revisione del piano che dovrebbe portare agli obiettivi di vendita delle BEV entro il 2032. Nella modifica si va incontro alle esigenze delle case costruttrici, alleggerendo le misure precedenti. In particolare, nel 2027 il tetto massimo di emissioni di CO2 dallo scarico delle auto termiche sarà pari a 170 grammi. Questa quota si alzerà progressivamente sino al 2032, anno in cui si punta adesso ad un 56% di nuove auto immatricolate elettriche.
La stretta sulle emissioni, perciò, dovrebbe spingere i produttori di veicoli a puntare più sulle BEV. Ma bisognerà investire anche sule infrastrutture di ricarica, visto che entro il 2030 serviranno a quanto pare due milioni di punti per favorire la transizione nella mobilità. E nel frattempo le case automobilistiche dovranno decidere come conformarsi al regolamento (non esattamente bandendo i motori tradizionali, ma puntando anche su carburanti alternativi, e non solo sulle auto a batteria).
Gli altri Paesi europei all’avanguardia sulle auto elettriche
Nel frattempo, altri Paesi stanno portando avanti la rivoluzione nella mobilità in maniera meno arzigogolata. Oltre alla Cina e la Norvegia, in Europa in particolare spicca l’Islanda, che secondo il World Resources Institute ha venduto nel 2022 una quota di BEV pari al 41% sul totale del mercato delle auto. Segue poi la Svezia con il 32% e l’Olanda con il 24%. Numeri ancora lontani dal livello globale che va tra il 75% e il 95% che, sempre secondo il WRI, bisognerà raggiungere nelle vendite delle BEV entro il 2030 per adempiere agli obiettivi mondiali del contenimento del riscaldamento globale entro 1,5°C.
Come riporta l’IEEE, si lavora non solo sulle auto leggere ma anche sui veicoli commerciali e pesanti. Come dimostra l’accordo Global Commercial Vehicle Drive to Zero firmato da 33 Stati, che mira entro il 2040 ad una quota esclusiva di nuovi camion e autobus ad emissioni zero immessi sul mercato.
Inoltre, secondo l’analisi del programma Energy Innovation and System Transition, è possibile che nel 2023 si raggiunga una sostanziale parità dei prezzi tra BEV ed auto tradizionali. Se così sarà e questo trend proseguirà (anche perché i progressi tecnologici, in particolare sulle batterie, possono contribuire ad un abbattimento dei costi delle auto), l’UE potrebbe forse raggiungere l’ambizioso obiettivo di 40 milioni di vetture elettriche circolanti sul suo territorio entro il 2030. Ad oggi sono circa 8 milioni.
Gli aspetti critici e la risposta degli individui a regole e strette
Ma come riporta l’IEEE ci sono voci discordi sul fatto che la transizione elettrica possa essere davvero sostenibile, in primis a livello economico. Il presidente della Canadian Automobile Dealers Association Tim Reuss ha infatti spiegato al portale WardsAuto: “Con gli attuali alti tassi di interesse e l’elevata inflazione che incidono gravemente sulle possibilità economiche dei consumatori, molti di loro non hanno i mezzi per acquistare veicoli elettrici”.
Reuss propone un approccio più pragmatico, focalizzandosi ovviamente sulla realtà canadese ma con una ricetta che potrebbe valere per altri Stati. “Invece di tentare di imporre ciò che gli individui devono acquistare, suggeriamo ai governi di concentrarsi sulla creazione delle circostanze ideali per stimolare la domanda”.