L’ansia da ricarica è irrazionale? Un caso pratico ed uno studio dimostrano che non c’è da avere ansia quando si usano le auto elettriche: basta fare le scelte giuste ed oculate. E intanto l’Europa approva un bando di finanziamento anche per la realizzazione di infrastrutture di ricarica
In un momento storico in cui in Italia si dibatte sull’elettrico, restano comunque sullo sfondo delle questioni che riguardano questa tecnologia. Ad esempio, nel pensiero comune esiste una certa preoccupazione riguardo le ricariche: questo aspetto in realtà riguarda più che altro le abitudini di guida, e lo sviluppo infrastrutturale delle colonnine (una delle voci di finanziamento del PNRR ed oggetto persino di un progetto di Poste Italiane per allargare il bacino dei punti di ricarica nelle sue sedi in tutta Italia).
Il finanziamento UE per progetti infrastrutturali verdi
Dall’UE è stato stanziato un finanziamento pari a 188,8 milioni di euro (tramite prestiti o strumenti di investimento da parte di istituti finanziari) per 26 progetti che mirino a “realizzare una rete di trasporti sostenibile dal punto di vista ambientale, in linea con gli ambiziosi obiettivi fissati nel Green Deal dell’UE”.
Adina Vălean, Commissaria Europea ai Trasporti, ha illustrato qualche esempio dell’iniziativa a sostengo della TEN-T: “Le domande di finanziamento […] continuano ad aumentare, a dimostrazione dell’impegno del settore dei trasporti per il passaggio a soluzioni sostenibili. Il nostro investimento di 188,8 milioni di euro si tradurrà in circa 2000 punti di ricarica, oltre a circa 63 stazioni di rifornimento di idrogeno. Quattro progetti sosterranno l’elettrificazione dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti, ad esempio elettrificando le apparecchiature di supporto a terra e installando infrastrutture di ricarica per i veicoli di servizio”.
I progetti finanziati in Italia
Tra i progetti selezionati nell’intero territorio UE, troviamo anche l’Italia con l’iniziativa di Enel X Way, il Next Wav-E, che consiste nello “sviluppare una rete europea di infrastrutture di ricarica ad alta potenza per veicoli elettrici, per [garantire] l’elettrificazione della mobilità e la decarbonizzazione del settore dell’autotrasporto”. In pratica, l’obiettivo è la realizzazione di una rete di 902 punti di ricarica con una potenza di 150 kW per veicoli leggeri in 167 località sulla rete stradale TEN-T (reti trans-europee di trasporto) italiana, spagnola e rumena.
Ancora, tra gli altri progetti italiani selezionati nel bando troviamo anche quello della SEA, per l’elettrificazione dei servizi a terra degli aeroporti di Milano, e per la precisione parliamo di 34 punti di fornitura di energia elettrica per gli aeromobili a terra e 24 caricabatterie per le operazioni degli operatori a terra all’aeroporto di Linate, oltre a “50 punti di fornitura di energia elettrica per aeromobili a terra e 55 caricabatterie per le operazioni dell’assistenza a terra presso l’aeroporto di Malpensa”.
Infine, tra i beneficiari del bando per le Infrastrutture per i Combustibili Alternativi troviamo anche Edison, in questo caso per un progetto legato all’idrogeno, con la realizzazione di 3 stazioni di rifornimento di idrogeno per veicoli pesanti, di cui tre elettrolizzatori, in tre diversi siti nel nord Italia lungo la rete centrale TEN-T.
Ansia da ricarica?
Una prova pratica su come si può ricaricare un’auto elettrica in Italia
Una piccola indagine svolta da Auto.it ha svelato come ricaricare richieda una certa pianificazione, ma certamente non sia impossibile e si possa stare benissimo senza vivere l’ansia di rimanere a secco con la propria BEV. Al di là dell’arrivo sul mercato dei dispositivi di ricarica wall-box, è stata effettuata la prova per allungare l’autonomia del veicoli (in questo caso una Hyundai Ioniq 6 da 168 kW, batteria da 77,4 kWh, autonomia dichiarata pari a 614 km e sistema di ricarica da 800 V che richiede 18 minuti per passare dal 10 all’80%). Un test fatto senza avere una tariffa flat dalla propria parte, e la cui ricerca per una colonnina di tipo fast ha dato come esito in un primo momento a 4,7 kWh ricaricati in poco meno di mezz’ora (spendendo in tutto 2,63 euro): questo per la presenza non certo capillare di colonnine ad alte prestazioni e a corrente continua. Una da 50 kW è stata trovata poi dal redattore di Auto.it a un chilometro di distanza, completando così in poco più di tre quarti d’ora la ricarica per un’autonomia conquistata di 400 km e un costo totale di 24,38 euro.
Non servono auto elettriche più potenti ma riflettere sulle proprie abitudini di guida: la ricerca
Insomma, questa indagine dà l’idea che un’auto elettrica non rischia di fermarsi in piena marcia perché non ci sono colonnine e che non sono necessari tempi biblici per ricaricare un veicolo. Una ricerca un po’ più ampia, realizzata dalla testata Energies, ha messo a confronto i dati di 333 auto con motori a benzina lungo un periodo che va da uno a tre anni con vetture elettriche delle medesime dimensioni: in pratica, è stato fatto un raffronto sulle abitudini di guida degli autisti con vetture tradizionali sovrapponendo le stesse con le BEV.
Il risultato di questa ricerca è stato l’abbattimento di un pregiudizio secondo cui un’auto a benzina o diesel va sostituita con una elettrica più potente a livello di capacità di batterie, per cercare di colmare l’ipotetico gap di efficienza ed autonomia. In realtà, spiega il professor Willett Kempton, a capo del team di ricerca, “lo studio ci dice che c’è un segmento di mercato, tra il 25% e il 37% di chi guida, a cui elettriche con batterie più piccole bastano. Se combinati con ricariche domestiche o di condominio, possono soddisfare tutte le esigenze di viaggio in auto“.
Ergo, con una adeguata programmazione in termini di ricarica è sufficiente un’auto di 250 km di autonomia, un taglio ideale per chi ha redditi più bassi e che per spostarsi lungo tratte più lunghe usa treni o aerei. Kempton suggerisce di riflettere sulle proprie abitudini di guida prima di acquistare una BEV: in particolare, chi vive in un’area urbana non ha bisogno di auto prestanti dal punto di vista delle batterie (come in teoria non servirebbero gli Hummer in città, ma ognuno fa le proprie scelte con i propri soldi).
La cosa importante, e qui torniamo all’argomento di apertura, è che ci sia un adeguato sviluppo infrastrutturale in termini di punti di ricarica. Abbiamo citato le iniziative statali (che vanno rafforzate), e poi ci sono i rilevamenti di Motus-E che nel suo recente report parla di 37.000 punti di ricarica ad accesso pubblico sul suolo nazionale, con una quota in aumento dei punti da 50 kW in su.