Roma, 21/11/2024
Roma, 21/11/2024

Emissioni auto, le case europee temono la stretta UE dal 2025. Ma è vera crisi?

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Le nuove norme sulle emissioni auto in vigore nell’UE dal prossimo anno mettono parecchia pressione alle case automobilistiche europee. Ma un report di Transport&Environment ridimensiona la crisi del settore

Nell’Unione Europea il trasporto su strada rappresenta il 15% delle emissioni totali di CO2 prodotte nel territorio UE, stando agli ultimi dati. Perciò le istituzioni corrono ai ripari con normative sempre più stringenti per quanto riguarda i motori a benzina e gasolio. In attesa che entri in vigore il bando a questa tipologia di veicoli in modo da favorire la transizione elettrica. Nel frattempo, sono stati approvati i dazi europei (sino al 36,3%) sui veicoli a batteria di importazione cinese.

Le case automobilistiche europee in difficoltà nella transizione elettrica

Ma la situazione attuale è più complessa, soprattutto per le case automobilistiche europee. Esse si sono ritrovate a revisionare i loro piani per trasformare la propria offerta interamente a batteria entro il prossimo anno. Ritardi nell’implementazione di questa tecnologia, difficoltà nell’essere indipendenti con le materie prime ed avere una propria filiera, concorrenza senza quartiere da parte di chi invece detiene da tempo un vantaggio concorrenziale nel settore, ovvero la Cina: sono alcuni degli aspetti principali che vedono le case europee affrontare un momento di enorme difficoltà.

Tanto è vero che alcune di loro, come Volkswagen, di recente hanno dovuto procedere ad una serie di licenziamenti. E non pochi, visto che in base alle ultime indiscrezioni dalla Germania, riportate dal Sole 24 Ore, si parla di ben 30.000 esuberi nel solo Paese tedesco. Una cifra smentita dal Consiglio di Fabrica di VW, ma comunque la situazione resta abbastanza critica.

Emissioni auto, la stretta UE dal 2025

Il punto è che la transizione elettrica al momento stenta a decollare in Europa. Anche qui, vari fattori: prezzi ancora non ritenuti abbordabili da parte dei consumatori, infrastruttura di ricarica non capillare e rallentamento degli incentivi. Il presente resiste con i motori tradizionali e tuttalpiù ibridi, ma nel frattempo le case devono affrontare la stretta UE sulle emissioni.

Dal prossimo anno infatti i limiti riguardanti le emissioni medie dei veicoli venduti scenderanno del 15%. In pratica, si passerà dai 110,1 g/km di CO2 prodotta a 93,6 g/km. A preoccupare le case automobilistiche europee sono le sanzioni in caso di infrazioni di questi limiti. Stando alle dichiarazioni rilasciate alla Reuters da Luca De Meo, amministratore delegato di Renault, l’industria europea potrebbe dover fronteggiare costi in termini di sanzioni pari a 15 miliardi di euro se le vendite delle auto elettriche continueranno a stagnare. O dover tagliare di oltre 2,5 milioni di unità la produzione dei loro veicoli.

In quest’ottica il traguardo del 2025, col bando alla vendita dei motori termici nel territorio UE, preoccupa i costruttori. C’è ancora troppo ritardo nel far decollare il settore delle elettriche, e al tempo stesso si rischia di incappare nella severa scure europea con l’attuale produzione dei veicoli a benzina e anche ibridi, se non si tagliano le emissioni prodotte.

Ma delle aziende chiedono all’UE di non rivedere il bando ai motori termici

Se però da un lato l’associazione dei costruttori europei, ACEA, lancia l’allarme e chiede misure di contenimento, dall’altra di recente gli amministratori delegati di cinquanta aziende, incluse realtà come Uber, Polestar, Volvo e Rivian, chiedono alle istituzioni UE di non derogare alle proprie intenzioni e quindi di non rinviare il bando del 2035. Pena il rischio di mettere a repentaglio e seminare incertezza negli investimenti già presi nel settore. Anche Transport&Environment ha messo in guardia che gli sforzi già fatti a livello europeo per la neutralità climatica verrebbero messi a repentaglio in caso di revisione del divieto di vendita dei veicoli tradizionali.

Transport&Environment: “Non c’è una vera crisi del settore, ma una normale natura ciclica nelle dinamiche del mercato”

E sempre T&E sostiene in una sua recente analisi come il settore automobilistico in realtà non stia vivendo una crisi. “Le vendite di veicoli elettrici sono cresciute del 28% nel 2022 e del 37% nel 2023”, si legge. “Oltre alla prevista stagnazione strutturale, il brusco ritiro dei sussidi per i veicoli elettrici in Germania, il più grande mercato automobilistico d’Europa, ha fatto scendere le vendite complessive nel primo semestre del 2024, ma si prevede che riprenderanno già nel quarto trimestre”. Secondo T&E esiste una “natura ciclica delle dinamiche del mercato dei veicoli elettrici”. E questa è legata alla definizione “a singhiozzo degli obiettivi di CO2 nell’UE”.

Riguardo poi la crisi specifica del settore auto, l’analisi prosegue svelando un altro aspetto: “In generale, le case automobilistiche europee hanno perseguito una strategia di valore rispetto al volume, che ha portato a volumi di produzione inferiori dopo il Covid-19 (in calo di due o tre milioni di unità). I costruttori hanno dato priorità ai modelli ad alto margine rispetto ai veicoli di massa”.  E ancora, “le sei maggiori case automobilistiche europee hanno realizzato 130 miliardi di euro di profitti tra il 2022 e il 2023 (con BMW e Stellantis che hanno triplicato e raddoppiato rispettivamente i loro profitti) nonostante abbiano venduto il 25% in meno di auto in totale. Ciò ha portato a fabbriche sottoutilizzate e a una base di produzione in contrazione in tutta Europa”.

Le case automobilistiche intanto corrono ai ripari: la tecnica del pooling

Nel frattempo le case si stanno concentrando sempre di più sui modelli al momento più redditizi, ovvero quelli ibridi. E sfruttano escamotage come il pooling, ovvero un modo (legale) per fare sistema. In pratica più marchi si mettono d’accordo, unendo realtà più inquinanti con altre più sostenibili (anche rivali tra loro) per fare in modo che le emissioni prodotte dai loro veicoli vengano conteggiate insieme. Si genera così una media che diventa inferiore rispetto alla CO2 emessa dalle singole realtà automobilistiche, rispetto alle regolamentazioni di attori come l’UE. Se Jaguar si è rassegnata a pagare le multe, altre realtà hanno fatto squadra, come FCA con Tesla e Honda, Volkswagen con MG Motor, Toyota con Mazda e Ford in sinergia con Volvo.

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