I dazi sulle auto cinesi che l’UE ha proposto (limandoli ultimamente al ribasso) potrebbero non essere sufficienti per salvare l’industria automobilistica europea, sempre più col fiato corto
L’industria automobilistica europea è in affanno, come dimostrano anche gli ultimi dati. Le vendite di nuove auto nel territorio UE, stando ai rilevamenti di agosto, hanno subito una flessione del 18,3% rispetto allo stesso periodo del 2023. Soffre in particolare la Germania, con un -27,8% (in Italia siamo al -13,4%) che è l’ulteriore prova in cifre di una situazione drammatica. Mentre colossi Volkswagen stanno ripensando i propri piani sull’elettrico, ricorrendo contestualmente ad annunciare licenziamenti di massa, le istituzioni europee cercando tappare come possono le falle nello scafo per rallentare l’affondamento della nave.
La stretta sui dazi sulle auto cinesi da parte dell’UE (e la piccola marcia indietro)
Questa estate l’UE aveva annunciato una stretta sui dazi legati all’importazione di merci cinesi, in particolare le auto elettriche. Sappiamo come Pechino si stia facendo strada nei ritardi dell’industria europea, americana e giapponese legata ai veicoli a batteria. Con vetture a costi competitivi (grazie alla posizione pressoché monopolista sulle materie prime degli accumulatori e il sostegno dello Stato, cosa che ha determinato l’azione regolatoria europea considerati i rischi di concorrenza sleale) e politiche arrembanti in termini di esportazione, l’industria cinese sta cambiando le regole del gioco dell’automotive. Segnando la storia di questo settore, destinato a un cambiamento epocale.
L’UE aveva proposto come abbiamo anticipato delle tariffe più severe sull’import cinese. Una stretta mitigata però nelle ultime settimane. Marchi come BYD subirebbero così dei dazi al 17%, del 19,3% per Geely e 36,3% per SAIC Motor. Tutte cose protagoniste dell’ascesa di Pechino nel mercato delle vetture elettriche.
Le tariffe più alte, come quelle proposte per SAIC (anche se limate rispetto al 37,6% iniziale), dipendono dalla collaborazione o meno con le autorità europee nella loro indagine per comprendere se ci siano state pratiche competitive scorrette da parte di Pechino. Quest’ultima tramite le proprie istituzioni politiche si è opposta alle decisioni UE. Sostenendo inoltre che si tratti di una iniziativa non suffragata da sufficienti prove legate ai presunti danni dei veicoli cinesi ai produttori europei.
Ma gli attuali dazi non impensieriscono troppo la Cina
Tuttavia, come riporta un articolo della CNBC, questi dazi non scoraggerebbero più di tanto la Cina. Secondo la società di ricerca Rhodium la stretta per essere efficace dovrebbe arrivare sino al 50% (sempre comunque al di sotto dei dazi draconiani che Stati Uniti e Canada hanno proposto per proteggere il loro mercato). Se non oltre.
Facendo un po’ di conti, la CNBC riporta come anche di fronte ad una tariffa del 17% la Dolphin, auto elettrica con cui BYD vuole avanzare nel mercato europeo, costerà sempre la metà rispetto alla vettura più economica di Tesla, la Model 3. Per capirci, la Dolphin si aggirerebbe sui 33.000 euro, rispetto ai 41.000 circa della rivale.
Joseph McCabe, presidente della società di ricerca automobilistica AutoForecast Solutions, ha spiegato a CNBC: “La redditività passa in secondo piano rispetto alla quota di mercato. La comunità degli investitori premia gli operatori più innovativi di veicoli elettrici in base alla promessa di ciò che potrebbero diventare, anziché basarsi sulle prestazioni finanziarie a breve termine che vengono misurate dai produttori tradizionali”.
La Cina ha un vantaggio sulle auto elettriche che l’Europa non riesce a colmare
Il giornalista, saggista ed esperto di automotive Paolo Bricco recentemente a Formiche.net ha imputato invece alle istituzioni e all’industria europea dei grossi errori di valutazione. A suo dire, i notevoli investimenti sull’elettrico si sono scontrati con un mercato, quello di casa nostra, che a differenza di quello cinese non era preparato e ricettivo. Con i prezzi delle vetture che, a causa di una tecnologia non ancora di scala e con materie prime che dobbiamo importare, non potevano competere con le controparti cinesi.
“Quando si fanno piano giganteschi per investire nell’elettrico, la struttura finanziaria di un’azienda è ormai fatta, settata, costruita, non si più rimettere nel tubetto il dentifricio che è già uscito”, ha spiegato Bricco. Non si può insomma tornare indietro, con il rischio che l’industria europea vada a sbattere e perde la sua rendita di posizione nel mondo dell’automotive. A vantaggio di una Cina che in fin dei conti non si scompone più di tanto nei confronti dei dazi per ora stabiliti. “È di tutta evidenza – ha proseguito Bricco – che la Cina abbia già un vantaggio quasi impossibile da colmare sull’industria delle auto elettriche europee”.
Immagine di Copertina: BYD