Le gigafactory sono una realtà che sta prendendo sempre più piede a livello mondiale. Gli esempi statunitensi ed europei, e i progetti in fase di avvio per impianti di produzione di batterie in Italia
La crescita del mercato delle auto elettriche sta dando una spinta importante all’espansione delle cosiddette gigafactory o gigastabilimenti (o fabbriche, a dir si voglia), che stanno prendendo piede a livello mondiale, Europa – ed anche Italia – compresa.
Cosa sono le gigafactory
Sostanzialmente, parliamo di impianti di grandi dimensioni, ma il termine non si riduce solo ai meri aspetti quantitativi. È stata Tesla Motors ad introdurre questo concetto applicato alle fabbriche che si occupano di veicoli elettrici ma anche delle relative batterie, con capacità annuale di questi impianti superiore ad un 1 GWh: come riporta un report della Federal Reserve Bank of Dallas, basti pensare che una famiglia media negli stati Uniti consuma 30 kWh al giorno. Una gigafactory da 1 GWh potrebbe potenzialmente produrre annualmente una quantità di batterie che potrebbero alimentare dai 10.000 ai 20.000 veicoli elettrici (la capacità di questi impianti è misurata dalla quantità energetica totale delle batterie prodotte, anziché dal loro numero).
Al momento, si producono essenzialmente batterie agli ioni di litio, in attesa che quelle a stato solido (o altri progetti al momento in fase di studio che sfrutterebbero materiali “poveri” e più economici come zolfo, sale ed alluminio) possano determinare un cambio della guardia. Un pacco di batterie agli ioni di litio utilizzate per i veicoli elettrici, secondo i dati dell’Argonne National Laboratory, contiene in media circa 8 kg di litio, poi 35 kg di nichel, 20 kg di manganese ed inoltre 14 kg di cobalto. Entro il 2024 è previsto un calo del 20% del costo di un pacco di batterie per un’auto elettrica, quindi sotto i 200 dollari al chilowattora, per arrivare ad un prezzo di 58 dollari per kWh entro il 2030.
La crescita delle gigafactory negli Stati Uniti
Bisogna però investire, e produrre. Negli Stati Uniti si è iniziato ad immettere liquidità nelle fabbriche di batterie agli ioni di litio a seguito dell’American Recovery and Reinvestment Act del 2009, con 2,2 miliardi di dollari di finanziamenti: all’epoca però parlavamo di capacità modeste, visto il mercato ancora aurorale dei veicoli elettrici. Poi dal 2018 abbiamo avuto una accelerata, con sei nuovi impianti annunciati, per arrivare a 15 nuove fabbriche dall’inizio del 2021 (dati riportati dalla Federal Reserve Bank of Dallas), con investimenti potenziali pari ad almeno 40 miliardi di dollari e capacità che per la maggior parte superano i 10 GWh di capacità, ed una che in particolare va oltre i 40.
Negli Stati Uniti gli esperti prevedono un aumento fisiologico degli investimenti nella produzione di batterie agli ioni di litio, con una espansione della capacità dell’86% entro il 2031: nonostante ciò però, la capacità globale passerà dal 5,5% del 2021 a quasi l’11% entro il 2031, mentre in Cina, leader del settore, la capacità produttiva entro quella stessa data potrebbe aumentare di circa il 486%.
Questo grazie anche alle vendite dei veicoli elettrici, raddoppiate negli Stati Uniti tra il 2020 ed il 2021, ma anche nel resto del mondo – spicca, ancora una volta, la Cina – i dati registrano degli aumenti. Aiuta inoltre la conversione a questo tipo di tecnologia da parte dei grandi costruttori, con Ford che intenderà spendere una cifra pari a 50 miliardi sino al 2025 per espandere la produzione di auto elettriche, per fare un esempio. La stessa casa dell’ovale blu di recente ha firmato una collaborazione con SK Innovation per un progetto congiunto da ben 5,8 miliardi di dollari in modo da tirare su due impianti da 43 GWh nel Kentucky.
Altra spinta l’ha data l’Inflation Reduction Act del 2022, con una serie di misure di stimolo per l’economia e per la conversione verde, tra cui sussidi per il sostegno dei costi di produzione di terre rare e componentistiche delle batterie, oltre ad un credito d’imposta per l’acquisto di vetture elettriche sino a 7 500 dollari per veicolo (tra i requisiti che entreranno in vigore dal 2025, la presenza di batterie con elementi minerali che non provengano da entità estere, in modo da incentivare la produzione nazionale, cosa su cui gli USA stanno dando sfoggio di una certa sensibilità in merito).
Lo sviluppo delle gigafactory in Europa
Per quanto riguarda invece l’Europa, secondo i dati di Benchmark Minerals il vecchio continente sta conoscendo uno sviluppo anch’esso in crescita per la capacità delle batterie agli ioni di litio. Entro il 2030 dovremmo passare ad una capacità pari a 789,2 GWh, rispetto ai 120 previsti inizialmente nel 2017: valori che coprirebbero la produzione di circa 15 milioni di auto elettriche.
Le gigafactory in Europa dovrebbero arrivare a 38, e le principali attualmente sono: LG Chem (Polonia), con capacità pari a 32 GWh; Samsung SDI (Ungheria), 20 GWh; Northvolt (Svezia), 16 GWh (ma si prevede un innalzamento nei prossimi anni a 92 GWh tramite l’apertura di nuovi impianti nella zona di Göteborg e la partnership con Volvo); SK Innovation (Ungheria), 7,5 GWh ed Envision AESC (Regno Unito), 1,9 GWh.
In futuro si parla di tre impianti in Germania, Francia ed Italia grazie alla partnership tra Total e Stellantis (capacità combinata pari a 64 GWh), e poi Tesla in Germania, con 125 GWh di capacità.
I progetti in fase di lancio in Italia: Italvolt in arrivo?
Per quanto riguarda l’Italia in particolare, Stellantis nel 2022 ha firmato con l’allora MISE (oggi Ministero delle Imprese e del Made in Italy) per la costruzione di una gigafactory a Termoli, tramite Automotive Cells Company (ACC, joint venture tra il gruppo Stellantis, Total e Mercedes) ed un contributo governativo pari a 370 milioni, che porterebbe così l’investimento totale a 2,3 miliardi circa. L’impianto verrà riconvertito per iniziare la produzione di batterie nel 2026, ed entrare a pieno regime entro il 2030: si parla di una capacità totale di 40 GWh. Si aggiunge quella di FIB e FAAM vicino a Caserta, a Teverola, che ha anch’essa ricevuto fondi dal MASE.
Altro progetto, per il momento sulla carta però, è quello di Volkswagen che tramite Audi vorrebbe fondare una gigafactory in Emilia Romagna, zona Motor Valley. Più concreto il piano di Italvolt, che su licenza dell’israeliana StoreDot produrrà nello stabilimento di Scarmagno, in Piemonte, delle celle batterie a base di silicio a ricarica ultrarapida (XFC): l’impianto sorgerà nel 2025 nel sito ex Olivetti.
La gigafactory di Italvolt punta a soddisfare varie esigenze dei clienti grazie ad una diversificazione della tecnologia per ogni linea di produzione, ed una parte di essa sarà riconsegnata a StoreDot per i propri clienti. Come ha dichiarato Lars Carlstrom, fondatore ed amministratore delegato di Italvolt, il progetto di Scarmagno rappresenta “un’enorme opportunità per l’Italia di cambiare il proprio destino e non rimanere vincolata al vecchio modo di pensare”. Per le autorizzazioni bisogna aspettare la primavera di quest’anno, dopodiché si provvederà all’abbattimento del vecchio stabilimento per il 95% e la riconversione del sito, con una nuova fabbrica che prenderà le mosse da un progetto di Pininfarina. L’impianto quindi entrerà in funzione nel 2025, ed entrerà a regime nel 2027-2028. Si punta ad una capacità di 46 GWh, offrendo 3000 posti di lavoro. Si punta comunque ad un contributo da parte del PNRR.
Le previsioni anticipano che le batterie agli ioni di litio XFC entro il 2024 dovrebbero garantire un’autonomia di 100 miglia (160 km) in 5 minuti, per poi arrivare a 3 minuti nel 2028 con celle a stato semi-solido ed infine scendere di un ulteriore minuto entro il 2032, andando oltre il litio. StoreDot poi assicura per i propri accumulatori almeno 1200 cicli di durata ed una densità energetica pari a 300 Wh per chilogrammo e 680 Wh per litro.