Al webinar sono intervenuti Antonio Coccia (Enel X Way), Silvia Bodoardo (Politecnico di Torino) e Antonino Genovese (ENEA). Qual è il futuro delle batterie e quale il loro ruolo nel mercato della mobilità elettrica e nell’economia
Prosegue la serie di webinar organizzati insieme a Key4biz: si è tenuto martedì 31 gennaio il secondo appuntamento dal titolo Le batterie del futuro: la mobilità elettrica per ricaricare l’economia. Al confronto su tecnologie, mercati, ricerca per il futuro della mobilità elettrica, moderato dal nostro direttore Raffaele Barberio, sono intervenuti Silvia Bodoardo, Professore Ordinario del Politecnico di Torino, Antonino Genovese, Responsabile Laboratorio Sistemi e Tecnologie per la Mobilità Sostenibile di ENEA ed Antonio Coccia, Head of Project Manager eMotorsport and VGI Lab di Enel X Way. Guarda il video completo.
Di cosa parliamo quando parliamo di batterie? Un settore multidisciplinare
Lo sviluppo in corso del mercato delle batterie, fondamentali per una transizione verso la mobilità elettrica, è in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione che si è posta l’Unione europea. Apre Silvia Bodoardo: “Lo sviluppo attuale è dettato dall’avviamento di una transizione energetica verso un sistema più pulito possibile, basato sulla transizione elettrica: ci servono rinnovabili che per loro natura non sono continue e quindi l’energia prodotta deve essere accumulata dentro un sistema che permette di utilizzarla al bisogno; quindi, disaccoppiare il luogo dove l’energia viene prodotta dal luogo dove l’energia viene utilizzata”.
Le batterie, in questo senso, hanno un ruolo particolare nella realizzazione del trasferimento della mobilità a quella elettrica: “Possono soprattutto farsi promotori della parte di portabilità, che è stata sviluppata da quando la batteria litio-ione è diventata commerciale nel 1991. Abbiamo bisogno di tante batterie per fare questo: il 95% delle batterie ad oggi è prodotto in Asia e lo sarà per molto tempo, ma l’Europa si è data l’obiettivo di diventare protagonista in questo settore. Questo è il panorama completo che si è venuto a creare, che permetterà la nascita di circa 38 gigafactory in Europa, distribuite principalmente in Germania, Francia e Paesi nordici come Svezia e Norvegia, ma anche in Italia” ha aggiunto Bodoardo.
Il panorama è composto da vari fattori che hanno portato allo sviluppo delle gigafactory in Europa: “La European Battery Alliance è un’associazione di produttori che vuole aggredire questo mercato stimato di 250 mld euro l’anno nella produzione di batterie: tra produttori di batterie e materiali, carmakers, chi fa riciclo (altro aspetto importante). Questo ci porta alla nascita delle gigafactory, che però non possono essere installate e basta: dobbiamo fare in modo che queste nuove aziende che stanno nascendo vadano verso un futuro davvero innovativo e d’avanguardia.”
La professoressa Bodoardo ha spiegato come le batterie non siano “una scatola nera chiusa per ottenere energia” ma un settore ampio che coinvolge molte competenze diverse: “C’è bisogno di lavorare tutti insieme in un ambito multidisciplinare proprio per le batterie del futuro”. Serviranno appunto tante batterie per rispondere a un mercato in costante crescita e, di conseguenza, anche tante persone formate nel settore: “Avremo bisogno di circa 800mila persone formate nei prossimi anni, di cui 25mila di alto livello. Le competenze necessarie sono su tutti i livelli: non abbiamo bisogno solo del chimico per il singolo materiale, ma anche di chi si occupa di mining, minerali, testing, ingegneri elettronici e tutto il mondo della digitalizzazione è estremamente importante (stiamo ad esempio studiando dei gemelli digitali degli impianti di produzione per ridurre il numero di esperimenti. Abbiamo bisogno di giovani ma anche di persone che si riformino per entrare in questo settore”.
Altro aspetto fondamentale del mercato: “L’Europa ha come obiettivo quello di avere una batteria sostenibile, con l’utilizzo di materiali a minor impatto possibile ma anche disegnata perché potesse essere riciclata in modo da poter rientrare nell’idea di economia circolare. Il numero di aziende di riciclo diventerà sempre di più. Del resto, la batteria è riciclabile di per sé: prendiamo il piombo delle nostre auto, che deriva dal riciclo delle batterie [al piombo] del passato, e lo stesso sistema sarà ripetuto per le batterie al litio oggi”.
A proposito di batterie al piombo, proprio da lì parte l’esperienza della società in cui lavora Antonino Genovese: “L’esperienza di ENEA è più che trentennale: eravamo presenti nel settore dell’innovazione per la mobilità quando ancora le batterie erano quelle tradizionali al piombo, ed in questi trent’anni ci sono state molte evoluzioni”. Prosegue Genovese, “ENEA si occupa di ricerca di base e di applicazione di sistema: la batteria non è solo un sistema di celle elettrochimiche ma è un sistema più ampio e complesso. I sistemi di controllo devono mantenere le caratteristiche della cella entro i limiti di sicurezza per permettere di mantenere le prestazioni dei sistemi di accumulo”.
ENEA, che si occupa anche di ricerca e applicazione industriale, è coinvolta in vari progetti di valenza comunitaria: “Il mondo industriale inizia a guardare finalmente al mondo pratico di realizzazione per creare una filiera industriale competitiva a livello globale per la produzione di celle. ENEA contribuisce attraverso i progetti IPCEI, che riuniscono importanti player del settore per sviluppare tecnologie da immettere nel mercato. Nella località di Casaccia [vicino Roma], verrà creato un primo laboratorio avanzato che si posizionerà tra la ricerca di base e la produzione industriale: una linea pilota flessibile che potrà aiutare le imprese nella realizzazione delle batterie. Sarà una palestra per chi vorrà testare su scala preindustriale soluzioni tecnologiche avanzate per le batterie” ha spiegato Genovese.
La palestra dell’eMotorsport
“Per noi è importante mostrare come il Motorsport sia una palestra in cui noi testiamo soluzioni che riteniamo futuribili o con potenzialità di sviluppo”: Antonio Coccia ha presentato l’esperienza di Enel X Way nell’eMotorsport e il caricatore che hanno sviluppato. L’aspetto interessante è che il Motorsport è un banco di prova di soluzioni che, se realizzabili, posso essere portate anche fuori dal circuito. Nella MotoE di quest’anno, il fornitore delle motociclette sarà un altro marchio italiano, la Ducati, e ci sarà un conseguente cambio di tutti i veicoli.
“Specificatamente per la MotoE, dal 2018 (usato nel campionato del 2019) e per altri due anni, utilizzeremo un’infrastruttura di ricarica particolare con due batterie all’interno del caricatore [il JuiceRoll Race Edition]. Abbiamo 20 di questi sistemi con applicazioni nel Motorsport: hanno al loro interno dei sistemi di accumulo al litio, che consente di disaccoppiare l’energia prelevata dalla rete in quel momento (una rete di circuito) dalla potenza erogata attraverso la ricarica alla moto. In più ha delle caratteristiche di trasportabilità, requisito importante per questo mondo: c’è un sistema su ruote per attività di biberonaggio sulla linea di partenza pre-gara. Una delle caratteristiche è che può essere accoppiato a sistemi di generazione in loco, e consente la creazione di una nano-rete che include in sé le complessità relative allo sviluppo delle reti intelligenti e dei carichi intelligenti. Genera elettricità in loco grazie a un sistema fotovoltaico montato sul tetto dei container, e può gestire i flussi di energia dal fotovoltaico o da un allaccio in rete presente nei vari circuiti”, ha spiegato Coccia.
“Il concept dello storage integrato all’interno della soluzione di ricarica sta piano piano prendendo piede: non è escluso che ci siano delle applicazioni commerciali nel breve periodo” per far fronte ai livelli di capacità della rete: “nei circuiti, la potenza disponibile è più bassa di quella che servirebbe per caricare tutte le moto”.
Il manager di Enel X Way ha concluso: “Abbiamo puntato sul concetto dell’interoperabilità, fondamentale nel mondo dello sviluppo delle colonnine di ricarica: ci siamo impegnati affinché si usino protocolli standard per consentire facilità di ricarica per gli utenti e dare continuità anche agli operatori del settore. Si aggiunge poi un più elevato livello di sicurezza”.
Le batterie del futuro
Si parte dal futuro del mercato all’interno del panorama europeo che si è venuto a creare, come spiegato sopra: “Oggi e nel futuro il grosso player sarà la Cina e i Paesi asiatici: perché possiedono le materie prime (non le terre rare che non servono per fare batterie). Molti componenti non li abbiamo in Europa. Tutto il litio estratto in Sud America passa attraverso un porto nel Pacifico e approda in Cina e in altri Paesi asiatici dove vengono prodotti i sali che servono a costituire i materiali” eppure, prosegue la Professoressa Bodoardo, “la necessità è tale da poter dire che ci sarà spazio per tutti: l’Europa comincia a ora ad affacciarsi a questo mondo con la costruzione delle gigafactory prevista nei prossimi anni”.
“L’Europa ha creato un panorama completo – ha infatti aggiunto Bodoardo – che parte dalla ricerca di base, attraversa il trasferimento tecnologico e arriva alle gigafactory. La ricerca di base risiede all’interno di questo progetto coordinato, che si chiama Battery2030+ e raccoglie le maggiori università e centri di ricerca in Europa. All’interno del progetto, stiamo pensando alle innovazioni oltre il 2030: gli elettrodi che si autoriparano, i sensori dentro le celle per renderle sicure e conoscere quello che succedo all’interno, nell’intimo, della batteria”.
Secondo Genovese, la questione non è tanto legata alla disponibilità delle materie prime ma all’impatto che le batterie avranno: “Le risorse ci sono e saranno ampiamente disponibili per vent’anni: le prospezioni geologiche dicono che il litio c’è, in abbondanza, ed è distribuito in modo casuale. Vicino al centro di ricerca di Casaccia c’è l’iniziativa di recupero di litio dalle salamoie geotermiche. Sarà più un problema di impatti che l’estrazione potrà produrre; ad esempio nel deserto di Atacama, dove si produce buona parte del litio mondiale, ci sono dubbi sull’impatto sugli equilibri idrogeologici che ha l’estrazione”.
“Questo deve spingere la ricerca a guardare bene sull’intera filiera dei sistemi produttivi e chiudere il cerchio nel contesto dell’economia circolare. Sono sempre più le iniziative che recuperano le materie prime e secondo ricavate dal riciclo delle batterie dismesse: ci sono ottime previsioni, tra il 70 e il 90% di recupero. In questo senso, in Europa si sta lavorando su una certificazione delle batterie, per maggiore tracciabilità e progettazione verde e verso una semplificazione di questa produzione. Si punta molto anche su questa interoperabilità” ha concluso Genovese.
eMobility come traino per il Paese
Unire il mondo delle imprese, quello delle decisioni politiche e quello della ricerca, rappresentato dall’università, è fondamentale per poter prendere le giuste decisioni per il settore.
Secondo la professoressa Bodoardo, “la cosa importante è fare sapere le cose: formazione ed informazione al contempo. È dalla corretta informazione che si prendono le decisioni adeguate. È un settore che va spinto, spero che i decisori politici se ne rendano conto perché non possiamo rimanere fuori da questo ambito. Insieme a ENEA, noi siamo presenti nel sistema europeo verso la definizione dell’attuale panorama, da anni. Fare sapere che siamo l’avanguardia in Europa deve far capire al nostro governo che investire nel settore non è buttare via soldi ma farli crescere. I nostri fondi sono stati finora principalmente europei e speriamo che il PNRR sia un modo di unire queste realtà, che in Italia sono tante e varie”.
Enel X Way copre il 50% delle infrastrutture di ricarica in Italia ed opera in sedici paesi. Non solo moto e auto, ma i mezzi pesanti: “Vediamo che c’è un grande movimento nel trasporto pubblico elettrificato su gomma. E noi siamo tra i principali player, insieme ad altre società del Gruppo Enel, in Sud America in questo senso. Sono sistemi energivori ma molto efficienti se si considera tutta la catena di produzione dalle fonti primarie. Se, come ci auguriamo, realizziamo la transizione verso fonti sostenibili e significherebbe sostanzialmente decarbonizzare il settore dei trasporti, più o meno in tutte le parti del mondo un 30% dei tagli” ha spiegato Coccia.
La rivoluzione della mobilità elettrica, secondo i relatori, è necessario guidarla, invece di resisterle. Prosegue infatti Coccia: “Bisogna crederci e tuffarcisi senza pensare all’indietro: credo che sia qualcosa di più grande di noi e già in corso. Inutile starsi a domandare altro, bisogna lavorare per essere parte di questo cambiamento”.
“La mobilità elettrica nacque sul finire del 1800 quando si parlava già delle quattro ruote: il motore a combustione termica e quello elettrico si contendevano l’innovazione. Poi vinse quello a combustione per i limiti dei sistemi di accumulo che, però, a distanza di più di cent’anni, hanno raggiunto una solidità”, ha spiegato Genovese, “È necessario approcciare questa transizione in modalità sistemica: puntare a una mobilità sostenibile, non una semplice sostituzione di un veicolo con un altro veicolo. In questo modo si potranno sfruttare enormi fattori di scala: occorre armonizzare il percorso di questa transizione”.
“La situazione geopolitica che attraversiamo ha dato un’ulteriore spinta a un processo che era già in atto, però, da più di una decina d’anni. E che vive di necessità perché dobbiamo puntare a una sostenibilità energetica, nella logica della decarbonizzazione delle nostre economie. Un faro importante su cui l’Europa si sta spendendo, e che deve rendersi indipendente da fattori che possono avere impatti negativi sull’ambiente (gas serra) ma anche quella di avere risorse proprie: le rinnovabili necessitano di sistemi di accumulo, solidi, efficienti e che possano far fronte alla domanda di energia” ha concluso Genovese.
Chiude Bodoardo con un appello: “Bisogna fare della corretta informazione e buona formazione. E soprattutto evitare di essere prevenuti: non aver paura del cambiamento. L’abbiamo fatto tante volte”.