L’industria globale deve investire almeno 470 miliardi di euro per raggiungere la domanda di batterie al litio che ci sarà tra 7 anni, ma non tutto il settore è facilmente adattabile a questa crescita nella produzione
Da un terawattora a 3,7. Sarà questa la crescita nella domanda di batterie a ioni di litio nei prossimi sette anni. Lo rivela uno studio di Benchmark, secondo il quale l’industria deve prepararsi a un investimento di 470 miliardi di euro per raggiungere i propri obiettivi entro il 2030, per poi arrivare a 842 miliardi per quelli del 2035.
Una corsa che non si può evitare per il Net Zero
“L’accumulo di energia – ha detto Andrew Miller, COO di Benchmark – è un pezzo fondamentale del puzzle dal punto di vista strategico. Le batterie sono la piattaforma tecnologica per raggiungere gli obiettivi di energia pulita, quindi il finanziamento di queste catene di approvvigionamento è al centro della corsa verso il net zero”.
La crescita nella domanda delle batterie è infatti guidata dall’aumento nella produzione di veicoli elettrici, una delle tecnologie fondamentali per la transizione del settore della mobilità. Ci vorranno 184 miliardi di euro per riuscire a produrre 2,7 terawattora in più di batterie al litio. Buona parte di questo investimento andrà nella creazione delle gigafactory come quella inaugurata in Francia a fine maggio o quella nei piani di Italvolt. Più di 81 miliardi di euro andranno invece nel potenziamento degli impianti già esistenti.
Il problema principale della produzione di batterie al litio, però, è legato alla materia prima, il che ci riporta al discorso delle materie critiche che attualmente sono al centro dei negoziati UE-USA.
I minerali critici fondamentali per i veicoli elettrici
Solo quest’anno riusciremo a estrarre per la prima volta nella nostra storia più di un milione di tonnellate di litio. Un numero che però non è sufficiente sul lungo termine: nel 2030 bisognerà raggiungere i 2,8 milioni di tonnellate, un numero superiore a tutto quello prodotto tra il 2015 e 2022. Un’espansione dell’industria che richiederà quasi 47 miliardi di euro di investimenti.
Stesso problema varrà per il nichel. C’è un vuoto produttivo di quasi 2 milioni di tonnellate tra il metallo disponibile oggi e quello che servirà entro il 2030. Certo, buona parte non sarà necessario per le batterie delle auto, ma se oggi la richiesta di nichel del settore EV è solo il 15%, nel 2030 diventerà il 32% del totale. Si parla di più di 60 miliardi di euro con cui dovrà essere finanziata la crescita nella produzione.
Per quanto riguarda la grafite naturale e sintetica, occorreranno 3,6 milioni di tonnellate in più, ma costando di meno servirà un investimento di ‘soli’ 3,9 miliardi.
Gli esperti inoltre avvertono che non bisogna dimenticare nessuna parte del processo produttivo delle batterie al litio. Il settore, dunque, dovrà potenziare le gigafactory, la produzione di materia prima ma anche quella di anodi e catodi. Per questi saranno necessari rispettivamente investimenti da 13,7 e 36 miliardi di euro.
Il costo della geopolitica nella questione batterie
C’è, poi, un prezzo molto alto quando si parla di batterie e delle questioni geopolitiche ad esso legate. La Cina, ad esempio, in questo momento si posiziona tra i Paesi dai quali il resto del mondo dipende di più per l’acquisto delle materie prime.
Eppure, abbiamo potuto notare come anche Cile e Iran potrebbero utilizzare il litio come arma politica per esercitare un’influenza sugli altri Stati e ridurre le pressioni politiche su di loro.
Il Critical Raw Materials Act europeo serve proprio a evitare che questo abbia un peso eccessivo sulla catena di distribuzione, soprattutto considerando che l’UE al momento è completamente dipendente dalle importazioni per tre materiali critici e lo è all’80% per altri 10. In questo modo l’UE cerca di diversificare le importazioni nel continente così da ridurre le dipendenze strategiche. Inoltre si impegna ad accrescere le produzioni interne, così da aumentare ulteriormente la propria autonomia.
Il fattore tempo
Uno dei temi fondamentali quando si parla di accelerazione nella produzione, però, è quello legato al tempo. Se per costruire una gigafactory ci vogliono tra i 2 e i 5 anni, lo stesso non si può dire di una miniera di litio. Lo sviluppo di una miniera richiede infatti tra i 5 e i 25 anni.
Diventa perciò fondamentale riuscire a canalizzare i fondi nel minor tempo possibile sulle miniere, così da iniziare a lavorare su di esse e migliorare i processi estrattivi presto, mentre le fabbriche possono ancora aspettare.
La soluzione riciclo
Una delle soluzioni per velocizzare il processo di adeguamento della produzione di minerali critici e risolvere il problema batterie è poi quello di aumentare il tasso di riciclo. Secondo uno studio di Allianz Trade, al momento soltanto 16 dei minerali critici o strategici per l’UE vengono riciclati, con tassi che vanno dallo 0% al 55%.
Se litio o arsenico sono raramente reimmessi nell’economia circolare, materiali come grafite, fosforo ed elio hanno una media del 4% di riciclo. Più in generale, in Europa è anche necessario migliorare i sistemi di riutilizzo, in quanto non sempre si riesce a recuperare tutta la materia prima.
Al momento l’Italia si posiziona bene tra i Paesi ‘ricicloni’, in quanto ha una percentuale del 67,5% di alluminio riciclato rispetto a quello immesso sul mercato, ma chiaramente non è sufficiente, anche perché si tratta di un materiale di più semplice differenziazione.