Il settore militare sempre più coinvolto nella mobilità autonoma dei suoi mezzi: il caso di Austal USA, che ha consegnato alla Marina degli Stati Uniti la USNS Apalachicola, la più grande nave di superficie della flotta che può operare senza intervento di un equipaggio (o comunque ridotto al minimo)
Abbiamo parlato in più occasioni di guida autonoma, tecnologia che presenta dei vantaggi indubbi ma anche dei punti controversi. Questa innovazione non riguarda però solo le auto, ma anche i mezzi pesanti e le navi, con alcune sperimentazioni in atto.
E per quanto riguarda la nautica l’ultima notizia è la consegna alla Marina Militare degli Stati Uniti da parte di Austal USA di una nave capace di operare in mare sino a 30 giorni senza alcun intervento umano.
Le caratteristiche della USNS Apalachicola autonoma
Si tratta in particolare dell’USNS Apalachicola (EPF 13), inserita nel programma Expeditionary Fast Transport della Marina USA, e con i suoi 337 piedi di scafo (ovvero un centinaio di metri) è la più grande nave autonoma di superficie della flotta. Tra le altre caratteristiche, un massimo di 544 tonnellate di capacità di carico utile e un pescaggio (vale a dire la distanza tra la linea di galleggiamento e il punto più basso dello scafo) di 12,5 piedi, ovvero soli 3 metri: cosa che consente alla nave di operare anche in acque poco profonde.
Ma parlavamo delle capacità autonome: la EPF 13 di Austal USA, rispetto alle navi di classe Spearhead progettate dalla sede australiana della società di costruzione navale per il settore militare, presenta una manutenzione automatizzata, con tanto di monitoraggio dei parametri del natante. La chiave, secondo Austal USA, è il sistema di controllo dei macchinari da loro progettato ed altamente automatizzato, che permette alla EPF 13 di ridurre al minimo il suo presidio.
Ancora, la nave sarà la prima del suo genere (la classe Spearhead della Marina, ricordiamolo) dotata di capacità avanzate per il supporto di operazione di voli in decollo ed atterraggio in verticale per il Boeing V-22 Osprey, ed anche lanciare e recuperare da 11 metri i RHIB, ovvero Rigid Hull Inflatable Boat, imbarcazioni che presentano chiglia rigida e fiancata gonfiabile, in dotazione alle forze armate. Tra le altre funzioni, la nave militare può prestarsi come piattaforma di lancio di missili senza equipaggio, nave madre per piccoli droni e così via.
Il futuro della marina militare sarà autonomo?
L’ammiraglio capo delle operazioni navali Michael Gilday ha parlato delle prospettive delle navi autonome nel settore militare durante la conferenza West 2023 di San Diego, come riporta Techspot: “Stiamo arrivando al punto, probabilmente entro i prossimi quattro o cinque anni, in cui inizieremo a schierare piattaforme senza equipaggio con gruppi di battaglia di una portaerei [ovvero tutta la flotta a supporto, ndr]. Il punto è che abbiamo bisogno di più navi, abbiamo bisogno di più. Dobbiamo posizionarci lungo l’Oceano Pacifico e in tutto il mondo […] Possiamo farlo più velocemente e, pensiamo, in modo più efficace tramite combinazioni con equipaggio e senza“.
Anche gli aerei militari si avvicinano alla tecnologia senza equipaggio
Per la precisione, stando a quanto riporta Defense News, la visione di Gilday riguarda 373 navi tradizionali con equipaggio e 150 autonome, più flotte aeree anch’esse autonome a supporto, come i velivoli di Lockheed Martin che di recente ha sperimentato per un suo jet di addestramento un volo senza pilota per 17 ore, guidato da una intelligenza artificiale: si è trattata della prima volta di questa tecnologia per un aereo tattico.
Va detto comunque che di recente al forum mondiale REAM Summit svoltosi il 15-16 febbraio a L’Aia, e che trattava le implicazioni dell’uso dell’IA nel settore militare, sessanta nazioni hanno sottoscritto un accordo per definire come priorità un uso responsabile dell’intelligenza artificiale.