I dazi decisi dall’UE contro le auto elettriche cinesi sono sempre più concreti. Ma la decisione ha creato una spaccatura tra i 27 Paesi, e anche le case automobilistiche temono gli effetti di una guerra commerciale
Alla fine l’Unione Europea è ad un passo dal via libera definitivo ai dazi nei confronti della Cina. In particolare per le auto elettriche. Eppure la misura – frutto dell’indagine dello scorso anno per appurare presunte pratiche commerciali scorrette da parte di Pechino – ha generato qualche divisione tra i 27 Paesi membri dell’UE.
Dazi sulle auto elettriche cinesi: ecco in cosa consiste la stretta dell’UE
Il caso riguarda la stretta sulle tariffe di importazione di prodotti cinesi, in primis le auto elettriche che minacciano l’industria europea. Questi dazi erano stati decisi a luglio di quest’anno dalla Commissione UE, e vanno ad aggiungersi a quello già esistente del 10% che riguarda l’ingresso di autoveicoli nel mercato europeo.
Queste tariffe saranno in vigore per un quinquennio, e possono portare il valore della nuova stretta sino al 35%, a seconda del marchio automobilistico (dipende da chi ha prestato la propria collaborazione all’indagine UE: Tesla non andrà oltre il 7,8% per i suoi veicoli prodotti a Shanghai, mentre per SAIC si prevede una batosta del 35,3%). Il tutto per preservare l’industria e il mercato europeo contro l’arrivo di auto a batteria dai prezzi molto competitivi. Frutto di sostegni statali da parte di Pechino.
Ma nel voto ci sono state delle spaccature: Italia a favore, Germania contro
Ma come abbiamo detto, tra i 27 ci sono stati dei distinguo al momento del voto per dare l’ok alla Commissione affinché proceda all’applicazione dei dazi. In tutto sono stati dieci i Paesi favorevoli che si sono espressi tramite funzionari delegati al Comitato Difesa Commerciale dell’UE. Tra essi l’Italia e la Francia.
Gli astenuti sono stati dodici, compresa la Spagna. Mentre tra i cinque contrari spicca la Germania. Colossi come Volkswagen, già in difficoltà, hanno stretto accordi con Pechino e vendono quindi anche in Cina. E dazi più severi potrebbero generare ritorsioni dal Dragone, che colpirebbero i marchi tedeschi (in Cina fanno affari anche Mercedes-Benz e BMW).
Alla fine quindi l’ha spuntata Olaf Scholz, che ha imposto una linea più rigida rispetto ad altre realtà della coalizione che lo sostiene, ovvero i Verdi. E lo stesso ministro delle Finanze Christian Lindner ha auspicato che la Commissione non inneschi una guerra commerciale, invocando invece una soluzione tramite negoziazione.
Le spaccature in seno al Comitato hanno però fatto sì che non ci fosse una maggioranza qualificata né pro né contro. La palla passa quindi alla Commissione che può stabilire di confermare il provvedimento. La decisione finale avverrà comunque entro l’attuale mese.
Le preoccupazioni dei marchi automobilistici europei
Ursula von der Leyen ha difeso la misura, studiata per tutelare l’economia europea contro “distorsioni del mercato e concorrenza sleale”. Di diverso avviso i marchi automobilistici europei, che hanno auspicato un accordo di mediazione per evitare una guerra commerciale, rinviando intanto la stretta. E da Pechino fanno sapere che queste misure in ultima istanza finirebbero per danneggiare le aziende europee e anche i consumatori.
Per ora i prezzi dei veicoli cinesi (e quelli lì prodotti, dalla Dacia Spring alla Cupra Tavascan, passando per le Mini, la Volvo EX30 e la Model 3 di Tesla) non dovrebbero subire variazioni da noi. Ma questa situazione non è detto che resti tale ancora a lungo.
Intanto in Europa si iniziano a temere rappresaglie. Che peserebbero in un momento di forte difficoltà dell’industria automobilistica continentale, che vedeva la Cina come opportunità per il proprio mercato. Come riporta l’Ansa pare che restino comunque aperti canali negoziali tra l’uscente Commissario al Commercio (e prossimo all’Economia) Valdis Dombrovskis e l’omologo cinese Wang Wentao. Nel caso di successo, i dazi potrebbero allora decadere.