È stato rinviato a data da destinarsi il voto sul bando alla vendita di nuove auto a combustione termica dal 2035: dal MIMIT festeggiano, ma non staremo rimanendo indietro rispetto al resto del mondo?
Dalla presidenza svedese del Consiglio dell’Unione europea fanno sapere che il Coreper tornerà sicuramente sul dossier della transizione energetica del settore automotive, ma non oggi, com’era stato comunicato negli ultimi giorni; e non segnala una data. Questo stop temporaneo ai lavori è dovuto alla risposta di alcuni Stati membri, tra cui l’Italia, che hanno annunciato la loro posizione sfavorevole all’accordo raggiunto già lo scorso ottobre tra Parlamento e Consiglio dell’UE.
Un’Europa “divisa”
Se il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin (che ha seguito il percorso di trattativa della misura in quanto, allora, viceministro MISE con delega all’automotive) aveva dato l’impressione di aver provato a smorzare i toni con Bruxelles, oggi arriva la notizia che il voto è stato rinviato a data da destinarsi ed il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha rincarato la dose: “L’Italia ha svegliato l’Europa e la decisione del rinvio su stop ad auto a benzina e diesel è un segnale importante”.
Ricordiamo che l’accordo prevede obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 in due tempi diversi: del 55% per le autovetture nuove e del 50% per i furgoni nuovi entro il 2030 e poi del 100% per entrambi al 2035. Insieme alla Germania, il nostro Governo chiede “che siano modificate le tappe e le modalità a quegli appuntamenti affinché siano sostenibili” e di permettere una transizione che si appoggi ad altre tecnologie, compresi combustili sintetici e biocombustili, compatibili con motori a combustione endotermica.
I dubbi di Berlino, la contrarietà del nostro Paese, insieme a quella della Polonia, e la promessa di astensione della Bulgaria, hanno certamente complicato l’incontro tra i rappresentanti dei 27.
“Dibattito ormai fuori dal tempo, mentre il resto del mondo va avanti”
Il tentativo di far saltare il regolamento approvato formalmente in sede di Parlamento europeo a febbraio è stato definito da LaRepubblica un modo “tra ritardi, dubbi e inciampi, per nascondere ciò che il governo non ha ancora fatto per sostenere il comparto”. Una denuncia che è in realtà una chiamata ad una necessaria gestione intelligente delle misure di incentivazione e finanziamento per il passaggio all’elettrico e soprattutto un impegno mirato nell’infrastrutturazione del Paese.
Aspetto sottolineato anche in una nota di oggi dell’associazione Motus-E: “A febbraio abbiamo osservato un buon recupero delle immatricolazioni full electric, ma è evidente che servano dei correttivi”, ha sottolineato il segretario generale Francesco Naso. “Le risorse ci sono, sono state già stanziate, ma vanno impiegate bene, e questo vale per l’ecobonus ma anche per i fondi PNRR per le colonnine a uso pubblico: in ballo ci sono 700 milioni per oltre 21.000 infrastrutture di ricarica da non sprecare. A costo zero sarebbe invece un risoluto intervento politico per sbloccare l’infrastrutturazione di molte tratte autostradali” ha proseguito.
Il rischio per le imprese e chi lavora nel reparto automotive, evidenzia Motus-E, “è l’incertezza che si sta facendo serpeggiare nel Paese, anche con la propagazione più o meno consapevole di informazioni distorte. Il vero pericolo è quello di avvitarsi in un dibattito ormai fuori dal tempo, mentre il resto del mondo va avanti”.
Su queste pagine, abbiamo parlato del percorso inverso di altri Paesi, tra cui quello da leader di mercato della Cina, ma anche di quello di incanalamento di investimenti negli Stati Uniti, dove la legge federale dell’Inflation Reduction Act, con i suoi sussidi a sostegno della produzione e gli incentivi all’acquisto delle auto elettriche, ha creato nuove opportunità nella filiera dell’e-Mobility.
“Un simile impegno dell’Europa aiuterebbe ad esempio l’Italia a creare una solida industria nazionale delle batterie e a sviluppare tutte le opportunità del riciclo” che, secondo un report di recente pubblicazione dell’associazione, è un mercato stimato a oltre 6 miliardi di euro in Europa e anche un’opportunità per l’Italia.
Il settore è, che dir si voglia, avviato e in fase di necessario sviluppo: “Indipendentemente da questa data, oggetto ormai di uno scontro più che altro ideologico e mediatico, il settore ha già iniziato da tempo a muoversi a grandi passi verso l’elettrico, con investimenti senza precedenti che porteranno molti costruttori a diventare full electric ben prima del 2035” sottolinea Motus-E.
Mentre Nissan si prepara alla produzione di batterie a ricarica ultra-rapida, infatti, Audi prevede la produzione di veicoli elettrici in tutti i suoi stabilimenti al 2030 e un abbandono della produzione di veicoli a combustione interna (ICE) entro il 2033. E non è da sola: nello stesso anno anche Ford e Renault, seguite da General Motors nel 2035 e battute da Opel e Jaguar, rispettivamente nel 2028 e 2025 (praticamente dopodomani).